Favorito premier Ciolacu per presidenza. Avanti nei sondaggi Psd ma lo tallonano i nazionalisti

Roma, 19 nov. (askanews) – Dal 24 novembre all’8 dicembre la Romania vivrà tre settimane intense di tornate elettorali: il primo turno delle presidenziali già domenica, le elezioni politiche l’1 dicembre e infine il ballottaggio che deciderà il nuovo capo di stato l’8 dicembre. In Italia, dove vive la maggiore comunità romena all’estero, sono stati allestiti dall’ambasciata 157 seggi (sette in più rispetto alle Europee di giugno) e ci si aspetta un’alta affluenza, in particolare per le presidenziali. Sebbene la Romania sia una repubblica semi-presidenziale, queste elezioni sono ampiamente considerate dal pubblico come le più importanti del Paese e la battaglia tra 14 contendenti è molto sentita in una nazione che ha visto il tasso di partecipazione al voto sempre in calo per le politiche e le europee degli ultimi anni.

Cinque figure di spicco dominano la corsa per Palazzo Cotroceni: Marcel Ciolacu, George Simion, Mircea Geoana, Elena Lasconi e Nicolae Ciuca. Se il passaggio al ballottaggio dell’attuale premier socialdemocratico Ciolacu è dato per scontato, non è chiaro chi sarà il suo contendente.

Al centro delle campagne elettorali, sia per le presidenziali che per il rinnovo del Parlamento, sicuramente l’aumento del costo della vita e la guerra in Ucraina. La maggior parte dei candidati alle presidenziali si è dedicata al dibattito sul debito crescente e quasi tutti sono concordi sulla prosecuzione degli aiuti a Kiev, tranne il leader nazional-conservatore di AUR George Simion che si oppone. Molti elettori sposano la sua idea che gli aiuti all’Ucraina abbiano fatto aumentare prezzi e inflazione e che sperano che la situazione economica migliorerà se la guerra finirà. Proprio Simion è dato secondo nei sondaggi e potrebbe essere lo sfidante di Ciolacu al ballottaggio.

Per quanto riguarda le elezioni politiche i partiti tradizionali, il Partito Socialdemocratico (Psd) e il Pnl liberale-nazionalista lottano per andare avanti, afflitti dalla percezione pubblica che siano corrotti e vulnerabili al clientelismo. A influenzare le politiche sarà anche l’esito del primo turno delle presidenziali. Negli ultimi anni, la battaglia del secondo turno è stata in genere tra un candidato del centro-sinistra del Psd e uno del centro-destra del Pnl. Un esito diverso potrebbe causare un esodo di elettori dal Pnl verso l’Unione Usr anche per le parlamentari.

Uno dei temi che ha tenuto banco nella campagna elettorale è legato alla guerra in Ucraina, perché la Romania è da mesi vittima di droni russi vaganti e risente degli attacchi alle navi che trasportano grano al largo delle sue coste. Altro argomento del dibattito è il nazionalismo, su cui fa leva l’Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR), un partito di estrema destra che nel 2020 è entrato in Parlamento con un tema preponderante, l’unificazione con la Moldova. Il suo leader, Simion, ha oscillato tra la moderazione di alcune delle sue opinioni radicali e il commento disturbante che l’Olocausto è un “problema minore” di cui i bambini non hanno bisogno di imparare a scuola.

Secondo i sondaggi il Psd è avanti nel voto popolare e ai seggi, l’1 dicembre, dovrebbe ottenere circa il 30%. Il secondo posto è incerto: se lo contendono AUR, USR e PNL. Come eventuale presidente, Ciolacu vorrebbe che l’attuale coalizione Psd-Pnl rimanesse in carica, preferibilmente con un primo ministro liberale, almeno inizialmente, dato che il governo introdurrà importanti aumenti delle tasse nel 2025 per far fronte al crescente deficit di bilancio che dovrebbe superare l’8% entro la fine di quest’anno.

L’unica questione importante su cui i due partiti sono realmente in disaccordo è se la Romania debba mantenere la sua aliquota fissa (opzione Pnl) o introdurre una tassazione progressiva (preferita dal Psd). Il governo entrante dovrà anche affrontare il rallentamento della crescita, soltanto all’1,4% nel 2024 e il più alto tasso di inflazione dell’UE, quasi il 5%. L’esito del voto, però, potrebbe rendere impossibile la coalizione, molto dipenderà dai partiti minori che entreranno in Parlamento superando la soglia del 5%. Un alleato che ha da sempre garantito i governi romeni, l’UDMR, che rappresenta la minoranza etnica ungherese della Romania, rischia di non avete seggi e questo potrebbe complicare i negoziati post-elettorali.

Lo scenario peggiore, secondo gli esperti, sarebbe, però, una vittoria dei nazionalisti di AUR, o una coalizione tra Psd e AUR. Ciolacu ha ripetutamente dichiarato pubblicamente che non esiste un’alleanza Psd-AUR e che non esisterà mai, ma pochi gli credono. Questa settimana ha difeso Simion, dicendo che il leader di AUR “non è una spia russa”. Ultima alternativa, nuove elezioni anticipate all’inizio del 2025.

Tornando alla corsa per Palazzo Cotroceni i cinque principali contendenti sono Ciolacu, favorito e attuale premier, che promuove la stabilità economica e il benessere sociale, nonostante i pochi risultati da capo di governo. Simion, leader populista del partito AUR, ottiene le simpatie degli elettori disillusi che cercano un cambiamento radicale. I sondaggi lo collocano costantemente come il contendente più forte per il secondo posto.

Elena Lasconi, riformista liberale, guida l’Unione Salva Romania (USR). Nota per la sua posizione anti-corruzione e la sua visione modernizzante, si rivolge principalmente agli elettori cdelle città e più giovani. Altro candidato in lizza è Mircea Geoana, che si è presentato come indipendente: l’ex vicesegretario generale della Nato ha fatto appello ai moderati e agli elettori pro-europei, ma i suoi legami passati con il Psd e la mancanza di una solida base politica interna hanno indebolito la sua posizione. Altro contendente è il leader del Partito Nazionale Liberale (Pnl) Nicolae Ciuca: ex premier e generale in pensione, ha puntato su stabilità ed esperienza.

Di Daniela Mogavero

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