Il caso di Kazuko Oki, arrivata in Italia col marito scultore
Roma, 10 ott. (askanews) – Dietro ogni buon vino c’è una bella storia. E, nel caso di due vini premiati nella 32ma edizione del Mondial des Vins Extremes, concorso dedicato ai vini frutto della cosiddetta “viticoltura eroica”, c’è una storia che unisce Italia e Giappone, ma anche scultura e vino e, infine, vino e sakè.
La viticultura “eroica” è quella viticoltura che si svolge in luoghi impervi: terreni montagnosi, terrazzamenti o piccole isole, con difficoltà e costi di produzione nettamente più elevati. Al mondiale, organizzato da CERVIM hanno partecipato 1.015 vini prodotti da 356 cantine provenienti da 25 paesi. Sono state assegnate 64 Grandi medaglie d’oro e 241 Medaglie d’oro da 50 degustatori internazionali, oltre che 19 premi speciali.
Tra i vini premiati ce ne sono in particolare due – l’Igt Costa Toscana Vermentino Marmor Lacrima del 2020 e l’Igt Costa Toscana Sangiovese Marmor Fossile 2021 – che hanno dietro una storia delicata e interessante. Sono infatti prodotti ad Ars Apua, un’azienda agricola di Querceta di Bergiola (Carrara) di proprietà di una signora giapponese 56enne, Kazuko Oki, che vive in Italia da un ventennio.
La signora Oki è la vedova di un grande artista giapponese, lo scultore Tatsumi Oki, che si era trasferito a Carrara – la patria del marmo – e aveva svolto la sua attività con grandi successi, anche con la prospettiva di aiutare giovani artisti. Purtroppo, però, nel 2001 Oki morì. “Ci eravamo sposati nel 1998, siamo stati assieme solo tre anni”, racconta Kazuko Oki. “Mi ha lasciato tutto e io volevo onorare mio marito, ma non essendo un’artista, pubblicai un libro sulla sua opera”, continua.
Nel 2004 Kazuko Oki tornò in Toscana, per regalare il libro a collaboratori e amici del defunto marito. E, in quell’occasione, adocchiò una casa con tre ettari di terreno. “Era in rovina, ma a me parve un paradiso. Anche perché vidi un albero di ciliegio in fiore”, racconta la signora Oki. Il ciliegio ha una particolare risonanza per i giapponesi.
La casa era finita all’asta, dopo una vicenda tragica che aveva interessato la precedente proprietaria. “Era una persona buona, io individuai in quel luogo il posto in cui mettere in mostra le opere di mio marito”, racconta ancora Oki. E, poi, si rese conto che la proprietà includeva anche un vitigno. “Fu come un miracolo”, spiega. La signora Oki ha studiato ed è diplomata come sommelier. Non solo. La famiglia di Tatsumi Oki, il defunto marito, in Giappone ha un’antica attività di produzione di sakè. Tutto, insomma, portava verso la decisione di produrre vino.
“Impiantammo una nuova vigna, perché quella esistente era vecchia, e lavorammo per produrre vino”, dice Oki che, con soddisfazione afferma: “Ci è uscito bene”.
Alle radici di questa vigna, c’è anche amore per l’Italia, racconta ancora la proprietaria della tenuta. “L’Italia, come il Giappone, ha aspetti belli e aspetti brutti. Io volevo cogliere ciò che c’è di bello”, conclude la signora Oki. “E il mondo del vino in Italia è davvero bello”.