Manca consenso popolo Saharawi su loro prodotti agricoli e pesca

Bruxelles, 4 ott. (askanews) – Gli accordi commerciali tra Ue e Marocco del 2019 in materia di pesca e prodotti agricoli, che comprendono anche i prodotti provenienti dal territorio del Sahara Occidentale, sono stati conclusi in violazione dei principi di autodeterminazione e della loro rilevanza per i trattati dell’Unione, perché non hanno avuto il consenso del popolo del Sahara Occidentale.

Lo ha affermato la Corte europea di Giustizia in due sentenze emesse oggi a Lussemburgo che, respingendo un appello del Consiglio Ue e della Commissione europea, danno ragione definitivamente al Fronte Polisario, che aveva fatto ricorso contro gli accordi. Il Fronte Polisario è il movimento per l’autodeterminazione del popolo del Sahara Occidentale e per la creazione di un suo Stato sovrano, contro i tentativi di annessione del Marocco. Le due sentenze di oggi confermano quanto aveva già stabilito il Tribunale di primo grado della Corte europea il 29 settembre del 2021, che aveva annullato gli accordi, ma ne aveva mantenuto provvisoriamente l’applicazione.

In un’altra sentenza separata, la Corte oggi ha anche puntualizzato che l’etichettatura dei meloni e dei pomodori raccolti nel Sahara Occidentale deve menzionare questo territorio, e non il Marocco, come paese d’origine.

La Corte Ue ha precisato che per l’attuazione degli accordi commerciali Ue-Marocco del 2019 in materia di pesca e prodotti agricoli occorre il consenso dei Sharawi, il popolo del territorio del Sahara Occidentale, sebbene questo sia un territorio non autonomo, perché sottoposto alla giurisdizione del Marocco. Il consenso del popolo Saharawi è una condizione per la validità delle decisioni con cui il Consiglio ha approvato quegli accordi a nome dell’Unione europea.

È vero, riconosce la Corte, che è stato condotto un processo di consultazione da parte della Commissione e dal Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) prima dell’adozione di queste decisioni. Tuttavia, il processo di consultazione non è stato appropriato per stabilire il consenso dei Saharawi. La consultazione, infatti, non ha riguardato il popolo del Sahara Occidentale in quanto tale, bensì gli abitanti attualmente presenti in quel territorio, indipendentemente dal fatto che appartengano o meno al popolo dei Saharawi. Non si è tenuto conto del fatto che una parte significativa del popolo del Sahara Occidentale vive oggi in altri paesi.

La Corte spiega che il consenso dei Saharawi potrebbe anche non essere esplicito, ma presunto, se l’accordo non creasse obblighi per il popolo del Sahara Occidentale come parte terza, e se gli conferisse un vantaggio specifico, tangibile, sostanziale e verificabile, derivante dallo sfruttamento delle risorse naturali di quel territorio e proporzionale al livello di sfruttamento. Ma, poiché gli accordi in questione non prevedono manifestamente un tale vantaggio, la Corte di giustizia conferma l’annullamento delle decisioni del Consiglio da parte del Tribunale di primo grado.

La decisione relativa all’accordo di pesca è scaduta nel luglio 2023 e ha quindi cessato di produrre effetti. Per quanto riguarda l’accordo relativo alle misure di liberalizzazione sui prodotti agricoli, la Corte mantiene, per un periodo di 12 mesi a partire da oggi, gli effetti della decisione del Consiglio Ue, in considerazione delle gravi conseguenze negative che il suo annullamento immediato comporterebbe per l’azione esterna dell’Unione europea e per motivi di certezza del diritto.

Quanto alla sentenza sull’etichettatura dei meloni e dei pomodori, secondo la Corte l’obbligo previsto dalla regole Ue di precisare l’origine dei prodotti agricoli si applica non solo alle merci provenienti da un “paese” (come sinonimo della parola “Stato”), ma anche a quelle provenienti da “territori” (che designano entità diverse dai “paesi”). Pur essendo sotto la giurisdizione o la responsabilità internazionale di uno Stato (il Marocco), il territorio del Sahara Occidentale ha comunque uno status separato e distinto ai sensi del diritto internazionale.

“Fare riferimento al Marocco anziché al Sahara occidentale allo scopo di identificare l’origine di meloni e pomodori raccolti in quest’ultimo territorio indurrebbe in errore i consumatori circa la vera origine di tali merci”, conclude la Corte.

In un cominicato congiunto emesso dopo il verdetto della Corte di Giustizia, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, prendono atto della sentenza, sottolineano che comunque “preserva la validità dell’accordo sui prodotti agricoli per altri 12 mesi”, e cercano poi di rassicurare il Marocco sulla continuazione del parteneariato con l’Ue, come per rimarcare la differenza di posizione rispetto alla Corte.

“L’Ue ribadisce l’alto valore che attribuisce al suo partenariato strategico con il Marocco, che è di lunga data, ampio e profondo”, sottolineanto Von der Leyen e Borrell, ricordando che “nel corso degli anni, abbiamo instaurato una profonda amicizia e una cooperazione solida e multiforme, che intendiamo portare al livello successivo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.

“In stretta cooperazione con il Marocco, l’Ue intende fermamente preservare e continuare a rafforzare le strette relazioni” fra le due parti “in tutti gli ambiti del partenariato Marocco-Ue, in linea con il principio secondo cui ‘pacta sunt servanda’”. concludono la presidente della Commissione e l’Alto Rappresentante.

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