Presentati risultati progetto “SPUM.E” per valorizzare zone montane

Milano, 1 ott. (askanews) – Sono stati presentati a Gubbio (Perugia) i risultati del progetto di ricerca “SPUM.E” che pone le basi per la possibile nascita di un distretto della spumantistica umbra che potrebbe valorizzare le zone montane dell’Appennino in via di abbandono, promuovendone recupero e reinsediamento.

SPUM.E (acronimo di Spumantistica Eugubina) è un progetto di valutazione della sostenibilità ambientale, economica e sociale della produzione di basi spumante sulla fascia appenninica Eugubino Gualdese, già riconosciuta storicamente per la produzione di vini di qualità, finanziato dalla Regione Umbria tramite PSR, realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, e che ha visto il coinvolgimento delle aziende agricole Semonte e, come partner, Arnaldo Caprai e Leaf (azienda di consulenza per il settore vitivinicolo).

Gli studi di SPUM.E sono partiti dal vigneto sperimentale di sei ettari impiantato tra il 2017 e il 2019 a Chardonnay e Pinot Nero in località San Marco di Gubbio dall’azienda agricola Semonte di proprietà della famiglia Colaiacovo, su terreni abbandonati tra i 750 e gli 850 metri di altitudine. Gli studi condotti per due anni dai ricercatori hanno rilevato come la qualità delle uve sia ottimale e migliore rispetto a quelle allevate a bassa quota. La vendemmia è più tardiva rispetto alla pianura e anche le necessità idriche sono decisamente inferiori. L’impianto è gestito con utilizzo di tecnologie innovative (IoT) capaci di analizzare il microclima del vigneto e le risposte fisiologiche delle piante. Sono già stati messi in bottiglia dei Metodo Classico che debutteranno a Vinitaly 2025, sia per Semonte che per Arnaldo Caprai, aziende che già producono spumanti.

“In Umbria quasi il 40% della superficie si trova ad altezze tra i 200 mt e i 400 mt slm, il 26% tra i 400 mt e i 600 mt, il 13% tra i 600 mt e gli 800 mt, e il 14% a più di 800 mt” ha spiegato Leonardo Valenti del Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali, produzione, territorio, agroenergie dell’Università degli studi di Milano, ricordando che “oggi la maggior parte delle attività vitivinicole umbre occupano superfici tra i 200 mt e i 600 mt slm e si trovano sempre più frequentemente a dover affrontare le conseguenze degli eventi meteorologici estremi (primi tra tutti gelate e improvvise onde di calore) che, mettendo a repentaglio la quantità e qualità della produzione, con ripercussioni negative sulla loro capacità competitiva. Il successo del progetto non avrebbe, tra l’altro, il solo effetto di sperimentare la fattibilità e la competitività di un vigneto specializzato impiantato a nuove altitudini nel totale rispetto dell’ecosistema appenninico, ma – ha concluso il docente – contribuirebbe a costituire uno dei primi esempi virtuosi di recupero dell’economia rurale in un territorio che soffre fenomeni di abbandono, invecchiamento e depauperamento delle attività economiche”.

Se si considerano le aree che, dal punto di vista climatico, idrologico e pedologico sono risultate avere alta idoneità alla coltura della vite, la quota che si trova in montagna sale a più del 20% del totale. Questo significa, sempre secondo i promotori del progetto, che si può ipotizzare anche una maggior idoneità di queste aree alla coltura di quei vitigni che necessitano di particolari condizioni per produrre uve adatte alla spumantizzazione. Ci potrebbe essere, dunque, una doppia valorizzazione delle aree montane appenniniche: quella economica e quella sociale. La ricerca ha portato ad una mappatura dei Comuni che ospitano le aree più adatte alla coltivazione della vite, integrata da un indicatore di fragilità socio-economica dei Comuni stessi, mettendo in evidenza quali aree sarebbero più interessanti per eventuali investimenti.

Il convegno di Gubbio si è concluso con la tavola rotonda a cui hanno preso parte Donatella Tesei, presidente della Regione Umbria, Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura e di Copa, Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, Giovanni Colaiacovo, titolare di Semonte, e Marco Caprai, Ad di Arnaldo Caprai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *