L’avvocato Limentani: “E’ malato, gli serve un’assistenza adeguata”
Milano, 13 set. (askanews) – Dopo oltre 50 anni di carcere, Renato Vallazasca sarà trasferito in una casa di cura specializzata nell’assistenza dei malati di Alzheimer e di demenza senile. Lo ha stabilito il Tribunale di sorveglianza di Milano che hanno concesso il differimento pena detentiva in carcere allo storico boss della mala milanese degli anni Settanta. I giudici hanno in sostanza accolto la richiesta presentata nei giorni scorsi dai difensori di Vallanzasca per motivi di salute.
In particolare, spiega ad askanews l’avvocato Corrado Limentani che difende Vallanzasca insieme al collega Paolo Muzzi, all’ex capo della banda della Comasina – attalmente detenuto nel carcere di Bollate – sono stati assegnati gli arresti domiciliari da scontare in una struttura di Padova specializzata nel trattamento di persone con decadimento cognitivo. “Sono assolutamente soddisfatto – commenta il legale -. Finalmente Vallanzasca potrà curarsi in una struttura in grado di garantirgli tutta l’assistenza di cui ha bisogno. Il carcere, nonostante lo straordinario impegno messo in campo personale medico, non è organizzato per fornirgli assistenza adeguata”.
Il trasferimento di Vallanzasca non sarà comunque immediato. “Bisogna prima effettuare tutta una serie di adempimenti burocratici e amministravi che richiederanno qualche giorno, al massimo un paio di settimane”, chiarisce ancora l’avvocato Limentani.
Vallanzasca, personaggio di spicco della mala milanese tra gli anni Settanta e Ottanta, ha accumulato condanne complessive pari a quattro ergastoli e oltre 290 anni di carcere. Nell’ottobre 2013 ottenne la semilibertà: in pratica, gli era stato concesso di lavorare durante il giorno ma con l’obbligo di rientrare in carcere per la notte.
Il beneficio gli fu però revocato dopo che, nel giugno 2014, era stato arrestato per aver rubato due paia di boxer, due cesoie e del concime per piante in un supermercato di Milano. Un tentato furto (valore del bottino circa 70 euro) che portò a una nuova condanna per il cosiddetto “Bel Renè”: 10 mesi di carcere e 300 euro di multa.