Nucci: la grazia come specchio della natura umana
Sarzana, 2 set. (askanews) – La XXI edizione del Festival della Mente a Sarzana ha affrontato il tema della gratitudine portando sul palco le personalità di spicco del nostro tempo. Scrittori, scienziati, artisti, poeti, sportivi. La gratitudine buona e la gratitudine cattiva hanno offerto spunti di riflessione per le tre serate (da venerdì 30 agosto a domenica 1 settembre) della kermesse.
“A dominare è un senso di gratitudine. Ho amato e sono stato amato; ho ricevuto molto, e o dato qualcosa in cambio. […] Più di tutto sono stato un animale pensante, su questo pianeta bellissimo, il che ha rappresentato di per sé un immenso privilegio e una grandissima avventura”, queste parole che il neurologo americano Oliver Sacks ha detto dopo aver ricevuto una diagnosi che non lasciava spazio alle speranze, hanno ispirato la direttrice del Festival, Benedetta Marietti. “Viviamo in una società del rancore, inquieta e smarrita, e per guardare al futuro con speranza e desiderio diventa necessario prendersi a cuore la vita con gioia e gratitudine” ha dichiarato la direttrice.
La grazia come specchio della natura umana, come espressione massima della generosità. Amici, ma anche nemici, che comunque sono legati, seppur alla fine del loro rapporto, da un’estrema pietà che sgorga spontaneamente e che ci ricorda di essere fin troppo umani. Come Achille con Ettore – “restano solo un padre e un figlio, perché non siamo altro che questo – ha spiegato Nucci nella sua ultima lezione di domenica 1 settembre – la gratitudine riguarda un destino comune, plurale, che costringe tutti ad arrendersi. Ettore poco prima di morire ricorda ad Achille che anche lui morirà. Ed ecco che Achille si ricorda di avere un padre che soffre, proprio come Ettore e si accorge anche di essere un figlio”.
La gratitudine che trabocca nella pace ci ricorda di essere in grado di affrontare e di distaccarci dall’estrema memoria del male subito.
Per nostra natura non possiamo sfuggire a quel sentimento che travolge il nostro petto, come un elemento provvisto di forza propria: quando arriva non si può fermare. E noi, così umani, così piccoli e mortali, possiamo solamente accettarlo e sperare di riuscire ad essere grati a qualcosa di più naturale di noi. (B.Ben)