Campagna condotta da Ca’ Foscari con Fondazione Azionemare

Roma, 20 ago. (askanews) – Robot abissali hanno consentito di esplorare tre relitti di epoca romana nelle acque del Mar Tirreno e recuperare diversi reperti. A fine luglio, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia, a seguito di decreto di concessione di ricerche del Ministero della Cultura, ha portato a termine una nuova breve campagna di indagini su relitti di età romana affondati negli alti fondali del Mar Tirreno. Il progetto è condotto dal prof. Carlo Beltrame e dalla dott.ssa Elisa Costa, in collaborazione con Fondazione Azionemare, Ing. Guido Gay, e sotto la sorveglianza della Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Subacqueo e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, dott.ssa Lorella Alderighi.

Quest’anno, la sinergia tra le tecnologie avanzate della Fondazione e le competenze scientifiche del DSU – spiega Ca’ Foscari – ha permesso di documentare e studiare ben tre relitti profondi di età antica, individuati in precedenza da Azionemare.

I ROV abissali Multi Pluto e Pluto Palla (sorta di veicoli filoguidati dotati di telecamera e braccio per recuperi), movimentati dal catamarano Daedalus, hanno consentito di esplorare il relitto Dae 27, un carico di tegole e coppi e anfore posto a oltre 600 metri di profondità nelle acque tra l’Elba e Pianosa, recuperando dei campioni di materiale trasportato; in particolare sono stati portati alla luce dalle profondità una tegola, un coppo, un’anfora Dressel 1 e una brocca monoansata. Questo materiale, che verrà presto studiato dalla prof.ssa Gloria Olcese, dell’Università Statale di Milano, e dalla dottoranda Caterina Tomizza, permette una prima datazione del naufragio tra 2° e 1° secolo a.C.

Sono quindi iniziate due nuove indagini sui relitti Dae 7 e Dae 39, entrambi posti nelle acque profonde tra l’isola della Gorgona e Capo Corso. Il primo è un interessante carico di centinaia di anfore greco-italiche datate al 4° e 3° secolo a.C. che giace a oltre 400 metri di profondità e dal quale è stata recuperata un’anfora.

Purtroppo rispetto ai primi video realizzati da Azionemare nel 2010, al momento della scoperta, – osserva l’ateneo – il sito giace ora in condizioni peggiori, con un alto numero di anfore frammentate; il dato non sorprende considerando che le batimetrie fino a circa 400 metri sono molto più soggette alla pesca a strascico. Il secondo contesto invece, trovandosi molto al largo e a quasi 600 metri di profondità, è stato intaccato solo marginalmente dalle reti e risulta ben conservato. Il carico è composto da centinaia di anfore Dressel 1B, databili al 1° secolo a.C., una delle quali è stata recuperata in questa campagna assieme ad una brocca monoansata. Tutti i reperti sono oggetto di deposito temporaneo per studio.

Sui relitti è stato realizzato un rilievo digitale attraverso la tecnica fotogrammetrica che permette di ottenere un modello tridimensionale scalato e misurabile del carico, peraltro molto realistico, utile allo studio, in laboratorio, del volume e della portata di queste imbarcazioni.

La collaborazione tra istituzioni impegnate nel campo di beni culturali sommersi e una Fondazione specializzata nel settore della ricerca in acque profonde – conclude Ca’ Foscari – sta dimostrando come, unendo le forze, sia possibile, da un lato, fare ricerca per conoscere meglio vari aspetti della circolazione dei beni e della navigazione attraverso il Tirreno in età romana, dall’altro, fare tutela monitorando un patrimonio archeologico raggiungibile solo attraverso tecnologie avanzate.

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