“Su voto von der Leyen decideremo dopo incontro con Ecr”
Washington, 12 lug. (askanews) – Dopo le dichiarazioni di Matteo Salvini, Giorgia Meloni rassicura sulla “solidità” della sua maggioranza a sostegno dell’Ucraina, ma nel giorno dell’attesa conferenza stampa di Joe Biden non può esimersi dal parlare delle condizioni del presidente Usa, con cui si è confrontata in questi giorni al Vertice Nato di Washington.
“L’ho visto bene”, risponde a chi le chiede se l’ha trovato “lucido”: “Ho parlato con lui. Che impressione mi ha fatto? Mi ha fatto l’impressione che fa il presidente degli Usa: sta lavorando, ha organizzato un ottimo vertice”. Quando poi le viene chiesto se voterebbe per lui o per Trump, garantisce di non voler entrare nella campagna elettorale, lei che si definisce “vittima di ingerenze straniere”, ma ricorda che “le mie idee politiche le conoscete bene” e che il Partito repubblicano è iscritto, da ‘esterno’, ai Conservatori di Ecr. Ma quel che conta, assicura, è che “chiunque dovesse essere presidente degli Usa continueremo a lavorare bene”.
Nel giorno in cui al vertice si è parlato di Ucraina (e in cui ha incontrato Volodymyr Zelensky), la premier non può poi evitare di parlare dell’insistente ‘controcanto’ di Salvini, contrario all’invio di nuove armi a Kiev. Meloni assicura che la maggioranza è “compatta” e mostra “solidità” su un tema “scritto nel nostro programma”. E però poco prima aveva fatto notare che “a chi dice che se si continua ad inviare armi all’Ucraina si alimenta la guerra, dico che dipende anche da cosa si invia. Perché se non avessimo mandato i sistemi di difesa anti-aerea, che io sono fiera di aver mandato, non è che i missili verso l’Ucraina non sarebbero partiti. Semplicemente avrebbero colpito più gente”. Un discorso generale ma che sembrava rivolto (anche) al suo vice.
Altro tema che crea qualche imbarazzo è l’attivismo di Viktor Orban, con le visite a Mosca e Pechino e quella, programmata, a Donald Trump. Meloni ammette che il premier ungherese e presidente di turno Ue ha agito senza un “mandato” europeo, ma sposa una linea ‘morbida’ nei suoi confronti: “Se fossero iniziative che potessero portare uno spiraglio di pace e di diplomazia non ci vedrei niente di male, direi ‘ben venga’, ma quando si dà questo segnale e il giorno dopo si ottiene che un ospedale viene bombardato, questo dimostra che non c’è nessuna volontà di dialogo da parte di Putin”. Una posizione ben diversa da chi, in Ue, pensa a un ‘boicottaggio’ della presidenza ungherese. Quanto alla visita al tycoon candidato alle presidenziali Usa, per lei non c’è “nessuna strategia e nessuna particolare implicazione” ma semplicemente “i leader politici hanno diritto di incontrare altri leader politici”.
Nel punto stampa finale, allestito nella hall dell’albergo in cui alloggiava a Washington (una scelta che ha creato qualche frizione con lo staff dell’hotel) Meloni viene interpellata anche sulla partita per le cariche europee, con il voto previsto per il 18 luglio su Ursula von der Leyen. La presidente designata della Commissione incontrerà la prossima settimana Ecr, e “valuteremo” se votarla “a valle di quel che dirà”, spiega parlando da leader politica, mentre da presidente del Consiglio, garantisce, “il mio obiettivo è portare a casa il massimo risultato possibile per l’Italia”, a cui deve essere “riconosciuto il ruolo che le spetta in ragione del suo peso”. La premier non esclude poi, in futuro, “forme di collaborazione” con i Patrioti di Marine Le Pen e Orban.
Per quanto riguarda il summit Nato, si dice “soddisfatta” per i risultati, a partire dal sostegno “per tutto il tempo necessario” all’Ucraina (ma l’Alleanza “non è in guerra con la Russia”, precisa). Per l’Italia il risultato più importante è però il riconoscimento della rilevanza del fianco Sud. “Non possiamo essere da soli” – ribadisce – e da oggi c’è “una nuova fase di attenzione al fianco Sud” con “un pacchetto di misure” e con l’indicazione di un inviato speciale, “ruolo per cui l’Italia intende presentare la sua candidatura”. Affrontato, nel vertice, anche il tema del contributo all’alleanza: l’Italia è all’1,6% del Pil nelle spese in difesa, conferma “l’impegno per arrivare al 2%, compatibilmente con le nostre possibilità” ma chiede anche di considerare il contributo di uomini nelle missioni di pace. E la presidente del Consiglio sollecita anche l’Europa a varare “soluzioni innovative” per finanziare gli investimenti.