Attesi almeno 80 Paesi, no Russia e Cina

Roma, 13 giu. (askanews) – Decine di leader internazionali e delegazioni da almeno un’ottantina di Paesi arrivano il 15 e 16 giugno alla conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina che la Svizzera organizza per “ispirare un futuro processo di pace e sviluppare elementi pratici e passi verso tale processo”: questo il dichiarato obiettivo sintetizzato dal ministero degli Esteri svizzero dopo molto lavoro diplomatico per massimizzare la partecipazione, malgrado l’assenza della Federazione Russa e della Cina, e dopo non poche polemiche, anche interne alla Confederazione elvetica. Gli Stati partecipanti dovrebbero “contribuire con le loro idee e visioni per una pace giusta e duratura in Ucraina”, aggiunge il dicastero.

La due giorni nel nome di una pace che a 28 mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina appare ancora lontana si terrà nell’hotel Burgenstock, lussuoso complesso sul crinale di una montagna affacciata sul lago di Lucerna, frequentato in passato e anche oggi da celebrità e pesi massimi della politica. Nell’idea iniziale, e negli auspici ucraini in particolare, al centro della riunione doveva esserci il piano di pace in 10 punti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Tuttavia, i distinguo su molti aspetti del piano ucraino e l’infattibilità di alcune richieste hanno consigliato di limitare il programma, incardinato su a quattro punti: la sicurezza alimentare (l’esportazione di prodotti agricoli dall’Ucraina), la sicurezza nucleare (in particolare le centrali nucleari ucraina, Zaporizhzhia in primes) e lo scambio di prigionieri di guerra e deportati.

Zelensky ha proposto l’anno scorso di convocare una conferenza con la partecipazione del maggior numero possibile di Paesi, al fine di aumentare la pressione diplomatica sulla Russia. La richiesta principale del presidente ucraino è il ritiro delle truppe russe dall’intero territorio del suo Paese, compresa la Crimea – una posizione a cui non rinuncia, ma che non dovrebbe figurare nel documento finale e in sostanza neppure nei colloqui di sabato e domenica.

La Svizzera dopo l’invasione russa dell’Ucraina si è trovata sotto pressione per agire e forzare le sue storiche posizioni di neutralità. Ha accettato di aderire alle sanzioni internazionali e fornisce aiuti umanitari con priorità allo sminamento umanitario, tuttavia non sono mancate le critiche e neppure le polemiche interne.

La Svizzera ha invitato 160 delegazioni e il ministero degli Esteri parla di oltre 80 registrazioni ufficiali, mentre l’Ucraina dice di avere più di 100 conferme. L’elenco definitivo dei partecipanti sarà pubblicato poco prima dell’inizio della conferenza, quando sarà chiaro quali Paesi saranno rappresentati e a quale livello diplomatico. Oltre agli Stati, sono stati invitati anche l’Unione Europea, le Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), il Consiglio d’Europa, il Vaticano e il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Metà delle adesioni provengono dall’Europa. L’Italia sarà rappresentata il primo giorno dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, domenica arriverà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, reduce dal G7 incentrato a sua volta su come aiutare l’Ucraina.

Per gli Stati Uniti ci sarà la vicepresidente Kamala Harris: il presidente Joe Biden volerà a casa dalla Puglia al termine del G7.

Cina e Brasile hanno rifiutato di partecipare. Senza la Russia, un incontro del genere non ha senso, sostengono. Altri Paesi, soprattutto del Sud globale, non si sono iscritti per lo stesso motivo o non saranno rappresentati ai massimi livelli. L’India ha annunciato qualche giorno fa invece che sarà presente e “adeguatamente rappresentata”.

La Federazione russa ha da subito messo in chiaro l’ostilità per l’iniziativa. A margine di un dibattito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha informato personalmente il ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis. Il governo svizzero ha discusso se inviare comunque un invito, ma alla fine si è astenuto, temendo che venisse percepito come una provocazione dopo il chiaro rifiuto di Mosca. D’altronde, se il Cremlino continua a segnalare una teorica disponibilità a trattare, la situazione al fronte e le posizioni russe – irricevibili per le autorità ucraine e per quasi tutti i Paesi alleati anche sull’aspetto territoriale – svuotano le avances russe, a cui si aggiungono indirette minacce di arrivare all’uso dell’arma nucleare se i Paesi Nato saranno più attivamente coinvolti.

Nelle ultime settimane, la Russia ha criticato fortemente la conferenza e ha fatto pressione sugli Stati affinché non vi partecipassero. Il Cremlino ha da tempo smesso di considerare la Svizzera neutrale e l’ha etichettata come “Paese apertamente ostile”. Secondo le previsioni degli organizzatori, la conferenza potrebbe concludersi con un documento finale che incorpori il maggior numero possibile di punti dell’Ucraina. Un passo intermedio nell’agenda diplomatica internazionale che ispiri una futura conferenza, alla quale sarebbero invitati altri Stati e anche la Russia.

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