Venerdì 10 maggio nel palazzo Presidenziale di Tirana, alle ore 18,30 si festeggia la Giornata Mondiale dell’Europa con un particolare concerto il cui programma proporrà musica di compositori europei mentre nella seconda parte il Johann Sebastian Bach secondo Jacques Loussier e Claude Bolling, per quartetto Jazz
E’ il momento della Giornata Mondiale dell’Europa che domani Venerdì 10 maggio, verrà festeggiata anche in Albania presso il Palazzo Presidenziale di Tirana alle ore 18,30, con un concerto condiviso tra due generi all’apparenza lontani ma molto vicini.
La Compagnia Musicale di Tirana, unitamente all’organizzazione del festival “Vox Baroque” ha promosso un concerto che nella prima parte attraverserà l’intera Europa attraverso le voci del soprano Linda Kazani e del controtenore Pasquale Auricchio, rappresentante della grande scuola italiana di canto barocco. Sarà, infatti, proprio Pasquale a principiare la serata con una gemma del Settecento napoletano, “Lo frate ‘nnammorato” di Giovanni Battista Pergolesi.
“Questa è la seconda volta che ho l’onore di essere parte degli appuntamenti della musica barocca a Tirana – ha dichiarato il controtenore italiano – grazie a “La compagnia musicale di Tirana” e a “Vox Baroque” nelle persone di Linda Kazani e dell’amico Jusuf Beshiri, che sarà al cembalo. Tra i colori delle agilità e le emozioni dei larghi avrò l’onere di interpretare un canto popolare Albanese “Vajita Kalova”, una canzone che ricorda l’esodo albanese degli anni 1991 e 1997. Immagine quella dell’esodo che è attuale più che mai. In questa epoca oscura, egoista e guerrafondaia varie popolazioni, chi per timore della guerra e chi per aspirare ad una vita migliore, guardano all’Italia ed altri paesi europei come ad un posto di salvezza e nuovo inizio. Un onore cantare questa melodia che racconta della speranza di una vita migliore desiderata dal popolo albanese, che si è posto in cammino sulle note di questo canto che affidata alla voce dell’hospes diventa simbolo di condivisione e cambiamento”.
Pasquale Auricchio interpreterà, quindi Vannella, in cui linguaggio patetico-sentimentale, contrassegnato da peculiari scelte armonico-melodiche, e che vedrà anche Juan Josè Francione, al liuto e alla chitarra battente, da forme semi-popolari come la canzone e dall’impiego di tonalità minori, si presenta in termini esemplari proprio in questa siciliana “Chi disse ca la femmena”, che contrappone il fascino melodico della prima sezione, venata di cupa malinconia, allo scatenamento vitalistico della sezione successiva (Allegro), ispirata alle movenze di indiavolate danze popolari.
Il contrasto tra la pensosa meditazione sul mistero del cuore femminile e la descrizione minuta delle singole, diaboliche astuzie muliebri (non a caso nel secondo verso dell’aria viene evocato proprio Farfariello, il diavolo) sembra far deflagrare una contraddizione latente, sprigionando imprevedibilmente, sotto la levigatissima superficie di una forma musicale apollinea, forze ed energie di sapore irrazionale, che infrangono la cornice arcadico-razionalistica del ‘pre-classicismo’ pergolesiano.
Passaggio in Francia con Christoph Willibald Gluck e la celeberrima aria dall’Orphèe et Eurydice “Amour viens rendre a mon ame”, il lamento del cantore per la perdita dell’amatissima sposa, cantata dal controtenore, che non solo mostra la vena limpida e scorrevole della versificazione del librettista Calzabigi, brillante e cosmopolita, che muta il finale della favola mitologica facendo resuscitare Euridice per ben due volte, ma diviene simbolo della riforma per la musica di Gluck con cui si fonde in modo particolarmente felice e armonioso.
Ancora il cantante italiano che eleverà Vaijta Kalova, canzone popolare albanese sul doloroso e insieme speranzoso esodo in Italia, per poi passare in Spagna con un duetto di Juan Bautista del Vado, con cui entrerà in scena Linda Kazani, un cosiddetto tono, come allora erano conosciuti questi brani, che raggiunsero una grande fama e furono cantati indifferentemente nelle taverne, nei teatri, nelle chiese o alla corte stessa del re.
Il soprano, sarà quindi protagonista dell’Alleluja, Plaudite, sonat tuba di Johann Joseph Fux per l’omaggi all’Austria, una pagina che si pone tra stile antico e sensibilità barocca in sovrapposizione per l’uso del contrappunto e quell’ elemento di splendore virtuosistico e timbrico, col rafforzamento della parte vocale attraverso la tromba che non si trasforma mai in frattura ma mostra la capacità di Fux di fondere i vari tratti stilistici, l’intervento del soprano continuerà con il Johann Sebastian Bach, per toccare la Germania, della cantata Gott ist uns’re Zuversicht BWV 197, con il recitativo So wie es Gott mit dir che termina in Arioso su “Wohl dir…” e aria “Vergnügen und Lust” con Xhovana Marku all’oboe. L’ultima aria ha una formazione strumentale molto ricca.
Nel modello della parodia (BWV 197a) il soprano era accompagnato da un oboe d’amore e basso continuo, con tema del ritornello, che si compone di due motivi: uno ascendente, l’altro discendente, nel ritmo di un arioso siciliano. In Inghilterra ci andremo invece con George Friderich Handel e il suo oratorio Samson HWV 57 e il celebre canto di lode che si leva a conclusione del lavoro “Let the Bright Seraphim”, praticamente una battle tra tromba e soprano.
Finale tutto vivaldiano con il concerto in Sol minore Rv che si articola nei convenzionali tre movimenti: un Allegro, in cui il concertato è affidato solo alle due parti dei violini, mentre viole e bassi si limitano a sostenere le armonie; un Adagio, in stile quasi “corelliano”, in cui violini e viole armonizzano (con qualche ritardo e dissonanza) il basso che muove per crome; un Allegro conclusivo, in 3/8, alla cui concertazione, in stile “concitato”, con ribattuti e volatine, partecipano questa volta tutte le parti.
Seconda parte francese nel segno di duesu una delle più note formazioni latrici del messaggio del crossover, termine del vocabolario ricercato e prezioso che in ambito classico ritroviamo in Claude Bolling, seguace della Third Stream, codificata da un celebre Gunther, Gunther Schuller, appunto, agli inizi della metà degli anni ’70.
Un “incrocio,”, il crossover, tra più generi musicali differenti quali classica, lirica, jazz, tango e musica popolare. Saranno Erald Simixhiu al pianoforte, Gerti Hima alla batteria, Emil Zaharia al basso ed Elvis Rudi al flauto a porsi in dialogo sulle tracce di Claude Bolling, con i suoi quartetti dedicati a Jean Pierre Rampal e su quelle di Jacques Loussier, che compie sull’opera di Bach, non una semplificazione né una semplice rilettura in chiave jazz, la sua, ma piuttosto una trasformazione dell’invenzione musicale di Bach che ne rinnova lo spirito innovativo e rivoluzionario. Il fraseggio, la grinta e l’energia di Loussier appartengono ormai alla storia del jazz, da cui scaturisce un’avvincente interpretazione contemporanea che rende giustizia all’universalità della musica senza tempo di Johann Sebastian Bach.
Una formazione, questa, che rivelerà che il proprio senso ha radici profonde nel tempo, ma scivola inafferrabile come una goccia argentea di mercurio. D’altra parte sappiamo che l’improvvisazione e la variazione rappresentano in musica i percorsi di unità e divergenza di tutti i generi, una “semplice” complessità in cui la manipolazione del materiale sonoro definisce strutture e modelli, la cui interazione genera sistemi a livelli crescenti d’astrazione. La ragione semantica della musica emerge, nel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, come una indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno.
L’articolo Dal Barocco al Jazz: convergenze e divergenze proviene da Notiziedi.it.