La pressione fiscale reale del 2023 è stata molto più alta di quanto dichiarato ufficialmente.

Secondo uno studio della CGIA di Mestre, gli italiani hanno subito una pressione fiscale effettiva del 47,4%, ben 5 punti percentuali rispetto ai numeri ufficiali (42,5%).

Una discrepanza dovuta ad un gioco di matematica fiscale legato al fatto che il Pil italiano include anche l’economia “non osservata”, ovvero attività economiche che non contribuiscono alle entrate statali.

“Secondo lo studio, nel 2021 l’economia non osservata ammontava a 192 miliardi di euro, di cui 173,8 miliardi erano sommersi e 18,2 miliardi riconducibili ad attività illegali. Per la CGIA di Mestre – spiega Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale Commercialisti – questi dati non sono cambiati nel 2023, e di conseguenza, il carico fiscale continua a gravare pesantemente sui contribuenti che pagano regolarmente le tasse”.

La CGIA accusa in particolare gli autonomi di essere responsabili di un tax gap di 83,6 miliardi di euro.

“L’Irpef infatti versa all’Erario solo un terzo di quanto dovrebbe, con una stima di evasione pari a 30 miliardi di euro. Lo studio evidenzia che i forfettari – prosegue Cuchel – che hanno mediamente dichiarato 33.000 euro lordi all’anno nel 2021, evadano il 67% dell’Irpef, mancando all’appello 73.000 euro all’anno per ciascun contribuente”.

Nonostante il calo del 0,2% nella pressione fiscale ufficiale nel 2023, la sensazione di alleggerimento fiscale è vanificata dall’aumento di bollette, tariffe autostradali, Tari, ticket sanitari, trasporti e servizi postali.

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