Incontro presso il Centro Studi Americani
Roma, 24 gen. (askanews) – Joe Biden e Donald Trump hanno idee opposte sulla politica estera e sulla proiezione americana sullo scenario globale, ma la situazione contingente imporrà anche alcuni elementi di continuità all’indomani del voto presidenziale del 2024.
È quanto è emerso dall’incontro organizzato dal Centro Studi Americani, dal titolo “L’America e la leadership mondiale dopo il voto”, con la giornalista e conduttrice Monica Maggioni, Alessandro Colombo, professore di Relazioni internazionali presso l’Università di Milano, e l’esperto di Medio Oriente dell’Atlantic Council Karim Mezran.
Maggioni ha sottolineato come sia difficile prevedere il comportamento della futura Amministrazione “in un momento di altissima disruption globale”: e se le differenze fra i due candidati sono strutturali “non è ancora detto che a giocarsela siano proprio loro: Nikki Haley non ha ancora rinunciato e ci sono i problemi legali di Trump”.
Per Biden tuttavia la difficoltà principale potrebbe trovarsi nell’andare alle urne con i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente ancora aperti: una situazione da cui Trump potrebbe trarre vantaggio poiché “dà risposte semplici a un elettorato al quale non importa molto delle questioni di politica estera”.
Colombo da parte sua sottolinea tre temi su cui tutte le ultime Amministrazioni hanno dovuto confrontarsi: “Un problema, e cioè che il ruolo egemonico degli Stati uniti non è più perseguibile e quindi trovare un equilibrio fra risorse e impegni; un dilemma, ovvero in che modo rendere sostenibili gli impegni senza perdere credibilità, come accaduto con i ritiri dall’Iraq e dall’Afghanistan; e una priorità, la Cina”.
E tuttavia, vi sono molte differenze fra i due candidati: una di linguaggio, con Biden che “è convinto della superiorità americana in termini di soft power mentre Trump è completamente disinteressato alla questione”; l’altra sul multilateralismo, di cui Biden è un convinto assertore mentre Trump vuole avere le mani libere.
Per Mezran a decidere l’esito delle elezioni saranno soprattutto le questioni economiche; ma mentre Biden difende l’idea di una governance globale, Trump (ma non necessariamente tutto il partito Repubblicano) nega questa possibilità con il suo Make America Great Again.
Anche la politica estera tuttavia conterà qualcosa sullo scenario elettorale: la questione cinese preoccupa i colletti blu mentre il conflitto israelo-palestinese potrebbe aver alienato a Biden il voto di una parte dei giovani e delle minoranze – fattore non trascurabile in quello che si preannuncia un testa a testa.
Infine, le conseguenze sull’Europa e in particolare la Difesa europea. Non è detto che con una vittoria di Trump un disimpegno parziale degli Stati Uniti porti a un aumento della coerenza e dell’impegno europei, nota Colombo: anzi, in passato è accaduto esattamente il contrario.
L’Europa, alle prese con una maggiore unione politica e militare, deve infatti “decidere in anticipo chi comanda, e questa è una domanda sempre divisiva”; inoltre, i conflitti in corso in Ucraina e Medio Oriente aumenteranno le difficoltà di coesione all’interno dell’Ue: per l’Europa centrale e settentrionale la chiave della sicurezza ora è a Est, mentre per quella meridionale è a sud “ed è difficile avere una politica comune quando si hanno preoccupazioni diverse”.
L’incontro fa parte di un ciclo denominato “Road to 2024: L’America si prepara al voto”. Il programma è frutto della collaborazione del Centro con il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma Tre, con la Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione di Sapienza Università di Roma, con l’Atlantic Council, con il Centro Studi Geopolitica.info, The Union e con American Chamber of Commerce in Italy.