Al centro i giovani, il lavoro, le donne e la “bussola” della Costituzione
Roma, 30 dic. (askanews) – Le guerre, i giovani, il lavoro, i rischi delle nuove tecnologie, ma anche un invito ad avere fiducia nel futuro e a puntare sulle tante risorse del nostro paese. Queste le parole chiave del discorso che Sergio Mattarella prepara in queste per il messaggio di fine anno che rivolgerà agli italiani e alle italiane restando in piedi in una delle sale del Quirinale. E’ il suo nono discorso, non sarà più lungo del solito, 15 massimo 20 minuti, a partire dalle 20,30, per tracciare un bilancio degli ultimi dodici mesi e provare a indicare un orizzonte.
Come sempre il Paese reale sarà privilegiato rispetto al Palazzo. L’aspetto più propriamente politico sarà rappresentato da un appello alla “pace giusta” nelle due guerre in corso, in Ucraina e in Medio Oriente, su entrambe il capo dello Stato si è espresso ripetutamente nelle ultime settimane, con toni a volte angosciati. Mattarella vede l’ordine mondiale dell’Occidente minacciato dai venti di guerra: nel discorso alle alte cariche ha legato questo sovvertimento alle profonde trasformazioni tecnologiche in corso, al cambiamento climatico e alla perdita di senso della politica, che sembra soccombere di fronte alle pretese degli oligarchi del tecnologico. E’ come se la politica, e quindi la democrazia del multilateralismo, avesse esaurito le sue forze, aprendo un varco anche alla “guerra mondiale a pezzi”.
Implicita, in questo ragionamento, è la critica al sovranismo, che reca con sé con la crisi del parlamentarismo: “Dal rispetto della libertà di ciascuno discendono le democratiche istituzioni, l’equilibrio fra i poteri, il ruolo fondamentale del Parlamento”, ha detto nel discorso alle alte cariche davanti agli esponenti della politica e della società civile. Molti vi hanno letto un riferimento alla riforma del premierato. Un progetto che esautora il Quirinale di ogni potere di fatto, ma su cui Mattarella non ha detto né dirà una sola parola.
Sempre c’è nei suoi discorsi di fine anno un accenno ai giovani, al lavoro, alle donne, (mai così minacciate nei loro diritti), alle disuguaglianze. E dovrebbe essere così, secondo indiscrezioni, anche stavolta. Così come non dovrebbe mancare la spinta al paese a non rassegnarsi alle difficoltà e a far leva sull’unità per guardare avanti.
Il richiamo all’unità, al “Paese comunità”, è una preoccupazione costante, mai così in alto nel gradimento dei sondaggi. Del resto Mattarella, al nono anno di mandato, non si è risparmiato. E’ stato ovunque, in Italia, e all’estero (è stato in Cile, in Corea, in Uzbekistan). Un’agenda fittissima, nella quale spicca il discorso sulla Resistenza a Cuneo, il viaggio ad Auschwitz, sul luogo della strage di Brandizzo, tra i poveri di Sant’Egidio o i disabili ospitati nella tenuta presidenziale di Castelporziano. Ovunque ha difeso la Costituzione, fatto argine a chi vuole disconoscerla. La Carta rimane la grande “bussola” del presidente, come disse nel discorso di un anno fa, il suo documento d’identità che ha richiamato costantemente citandone gli articoli, in ogni occasione, in questo settantacinquesimo anniversario della sua entrata in vigore.