“C’era una volta”, progetto inclusivo per persone migranti
Venezia, 28 nov. (askanews) – Un podcast multiculturale per raccontare quattro opere della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia attraverso lo sguardo di persone con un passato migratorio chiamate ad avvicinarsi, con le loro storie e le loro voci a Boccioni, Kandinskij, Magritte e Mirò. È “C’era una volta”, progetto ideato dal museo in collaborazione con MILE, Museums and Innovation in Language Education dell’Università Ca’ Foscari e realizzato da studenti e studentesse provenienti dal Centro Provinciale Istruzione Adulti veneziano.
“È un progetto che funziona su vari livelli – ha detto ad askanews la direttrice della Collezione Guggenheim, Karole P.B. Vail – prima di tutto siamo sempre molto contenti di collaborare con l’università di Venezia, in particolare per un bellissimo progetto di inclusività. Credo che sia veramente molto bello e molto curioso poter imparare l’italiano nel museo, con il museo e con le sue opere”.
Realizzato nell’ambito del programma di inclusione sociale “Io vado al museo”, il podcast è stato poi registrato, partendo dalle sensazioni suscitate dalle opere, negli studi di Radio Ca’ Foscari. “Sono venuti in museo – ci ha spiegato Michela Perrotta, coordinatrice dei programmi per scuole e il pubblico della Peggy Guggenheim – hanno osservato quattro opere d’arte e, partendo da queste quattro opere hanno inventato delle storie: le hanno raccontate, creando questo podcast, nelle loro lingue madri e ne è venuto fuori una cosa bellissima: quattro racconti plurilingue di quattro storie del tutto inventate quindi abbiamo fatto anche un esercizio di scrittura creativa, e queste storie possono essere ascoltate anche da altre persone straniere che si possono in qualche modo avvicinare alla Collezione Peggy Guggenheim grazie a questi racconti”.
Le storie sono state scritte e raccontate in italiano con incursioni nelle lingue madri dei narratori: albanese, arabo, azero, bangla, fiammingo, francese, inglese, italiano, pashto, portoghese, rumeno, spagnolo, tagalog, ucraino, urdu, ma anche napoletano e veneziano. “L’approccio che è stato adottato – ci ha detto Claudia Meneghetti, del MILE – Museums and Innovation in Language Education dell’Università Ca’ Foscari – è quello del translanguaging, che consiste nel portare dentro la classe, e in questo caso dentro il museo, una serie di pratiche che già accadono fuori nel mondo, ed è semplicemente l’utilizzo di tutte le lingue che conosciamo mentre comunichiamo”.
Lingue che in un certo senso restituiscono anche una possibile voce del museo, popolato di opere di artisti che venivano da culture e Paesi diversi e che adesso negli occhi e nelle parole delle persone ritrovano una dimensione viva e presente. Realmente contemporanea.