Nel Sol levante ancora fragile il comparto dei venture capital
Roma, 22 nov. (askanews) – L’Agenzia giapponese per i servizi finanziari allenterà una serie di restrizioni alle banche che non consentono di andare oltre una certa quota in compagnie con più di 10 anni di storia aziendale. Lo afferma oggi il Nikkei.
In linea di principio, le banche in Giappone non possono detenere più del 5% dei diritti di voto nelle società operative per garantire che siano finanziariamente solide e per evitare la concentrazione della proprietà industriale. Ma esiste un’eccezione per le startup con meno di 10 anni che permentte alle banche di assumerne fino al 100% della proprietà attraverso filiali indipendenti specializzate negli investimenti. L’agenzia sta valutando la possibilità di espandere questa eccezione per includere le piccole e medie imprese private che abbiano più di 10 anni. Il nuovo limite massimo sarà determinato in base, tra gli altri fattori, alle esigenze del settore.
Le startup di ricerca e sviluppo spesso impiegano più di 10 anni per portare i loro prodotti sul mercato. Secondo il Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, oltre il 60% delle startup focalizzate su ricerca e sviluppo hanno impiegato più di 10 anni per quotarsi in borsa.
“Le banche hanno sottolineato che l’attuale regola dei 10 anni è troppo breve per fornire un sostegno coerente dalla ricerca e sviluppo alla commercializzazione”, ha affermato un alto funzionario dell’agenzia.
Fornire denaro di rischio alle startup è essenzialmente il ruolo del capitale di rischio e dei fondi. Secondo la Japan Venture Capital Association, il 41% dei fondi raccolti dalle startup nel 2022 era capitale di rischio, mentre il 3,5% proveniva da istituzioni finanziarie. Tuttavia, l’importo degli investimenti azionari provenienti dal capitale di rischio in Giappone è solo circa l’1% di quello negli Stati Uniti.