Uno Stato palestinese sarà migliore garanzia sicurezza per Israele

Strasburgo, 22 nov. (askanews) – Non sostituire l’emotività alla ragione, tornare al rispetto della legge internazionale umanitaria, che oggi Israele sta violando a Gaza come l’aveva violata Hamas con gli attacchi terroristici del 7 ottobre, denunciare i bombardamenti dei civili nella Striscia senza per questo dover essere accusati di antisemitismo, consentire e garantire l’accesso della popolazione agli aiuti umanitari; e prepararsi al ‘giorno dopo’, quando l’Europa dovrà essere all’appuntamento con la storia per riproporre con forza la soluzione dei due Stati, unica garanzia di sicurezza per Israele. E’ quanto ha detto, in esterema sintesi, l’Alto Rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Josep Borrell, oggi a Strasburgo, durante il dibattito della plenaria del Parlamento europeo sul conflitto in Medio Oriente.

‘Sono appena tornato – ha esordito Borrell – da una missione di cinque giorni nei paesi del Medio Oriente, nei paesi arabi, in Israele e in Palestina e ho percepito l’intensa emozione con cui lì si vivono gli eventi; ma dovrebbe essere possibile portare avanti il dibattito su quanto sta accadendo, superando l’emotività e con lo sguardo rivolto alla costruzione della pace’.

‘È vero che il 7 ottobre – ha ricordato – il mondo ha visto il più grande massacro di ebrei commesso dopo la Seconda Guerra Mondiale, e che ha visto anche il bombardamento di Gaza, che le Nazioni Unite hanno definito una catastrofe umanitaria senza precedenti. Ma non è una catastrofe naturale, non è né un terremoto né un’alluvione; è una catastrofe prodotta come conseguenza di un blocco che impedisce l’accesso dei beni di prima necessità per la sussistenza della popolazione’.

‘Le stesse Nazioni Unite lo chiamano carneficina (‘carnage’, ndr), massacro, e dovrebbe essere possibile – ha osservato l’Alto Rappresentante – riconoscere il diritto di Israele a difendersi, e allo stesso tempo indignarsi per ciò che sta accadendo ai civili a Gaza e in Cisgiordania. Dovrebbe essere possibile difendere il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato senza essere tacciati di antisemitismo. Dovrebbe essere possibile criticare la politica del governo israeliano, perché i governi di qualsiasi paese possono essere criticati, senza essere accusati di voler male agli ebrei. Non confondiamo le cose. Ma dico anche – ha aggiunto Borrell – che le manifestazioni che presentano il brutto volto dell’antisemitismo non aiutano la causa palestinese, al contrario’.

‘In questo momento – ha rilevato l’Alto Rappresentante – la Corte penale internazionale ha già avviato le indagini per scoprire cosa stia accadendo; il procuratore generale Karim Khan, con cui sono in contatto, ha lanciato seri avvertimenti a tutte le parti in causa, sottolineando che anche Israele ha obblighi chiari rispetto alla guerra che sta conducendo contro Hamas, che sono obblighi non solo morali, ma anche legali. Obblighi derivanti dal diritto dei conflitti armati e che riguardano l’accesso della popolazione ai beni di prima necessità per la propria sussistenza’.

Obblighi che stabiliscono, ha puntualizzato Borrell, ‘che ogni scuola, ogni ospedale, ogni chiesa, ogni moschea sono luoghi protetti e, a meno che non perdano questo status di luoghi protetti a causa del loro utilizzo per scopi militari, devono essere rispettati. E se c’è qualche dubbio sul fatto che abbiano perso questo status, l’aggressore deve presumere che siano ancora protetti, deve offrire la prova che hanno perso il loro status, e deve facilitare la partenza dei civili da quei luoghi in cui sono intrappolati’.

‘Allo stesso modo – ha aggiunto ancora -, anche gli attacchi missilistici indiscriminati da Gaza contro Israele costituiscono violazioni del diritto umanitario internazionale’.

‘Sono stato uno dei primi a dire che impedire l’accesso all’acqua, all’elettricità, ai beni di prima necessità violava il diritto internazionale umanitario; e ora lo dice il procuratore della Corte penale internazionale, non lo dico io, lo dice lui, che ha fermamente ammonito Israele sulla necessità di compiere sforzi visibili senza ulteriori ritardi per consentire la consegna di cibo, medicine e anestetici ai civili’.

‘L’Unione europea – ha continuato Borrell – è estremamente preoccupata per quanto sta accadendo, e in particolare ci siamo pronunciati contro gli attacchi perpetrati dai coloni israeliani contro i civili palestinesi in Cisgiordania, che continuano ad aumentare. A questo ha fatto riferimento anche il procuratore della Corte penale internazionale’.

L’Alto Rappresentante ha quindi riconosciuto le divisioni che esistono interne dell’Ue e quanto sia difficile cercare di superarle, riguardo alle posizioni sul conflitto in corso. ‘Sapete – ha detto agli eurodeputati – che rappresento il Consiglio e quindi tutti gli Stati membri. E sapete anche che non è facile, perché a volte gli Stati membri non sono stati allineati sulla stessa posizione. Ad esempio, nel voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove otto di loro hanno votato a favore della pausa per motivi umanitari, quattro hanno votato contro, e il resto si è astenuto’.

Comunque, ‘esiste una posizione comune del Consiglio europeo che difende le pause, le pause al plurale, e i corridoi umanitari, e chiede a Israele che quando esercita il suo diritto alla difesa lo faccia nel rispetto delle leggi umanitarie e delle leggi internazionali che regolano la guerra. Ma finora ci sono state dichiarazioni diverse da parte di diversi leader europei su come viene esercitato questo diritto a difendere Israele; e quando non esiste una posizione comune, l’Alto rappresentante non può rappresentarla. Non può rappresentarla, ma deve continuare a lavorare per costruirla. Deve continuare a lavorare per consentire agli Stati membri di convergere in una posizione che consenta loro di essere una forza geopolitica in questo conflitto’.

‘E’ quello che stiamo cercando di fare – ha proseguito Borrell -, con la convinzione che non ci sarà una soluzione militare a questo conflitto, che non si può uccidere un’idea, che l’unico modo di combattere un’idea è avere un’idea migliore. E l’idea migliore non può che essere quella di riconoscere che due popoli che da più di 100 anni lottano per la stessa terra devono e possono convivere, e che la comunità internazionale si impegni in questo’.

‘Da 30 anni, dopo gli accordi di Oslo, ripetiamo che la soluzione sono i due Stati, ma abbiamo fatto poco o nulla per realizzarla. Credevamo che il problema potesse essere risolto e che potessimo dimenticarci dei palestinesi, dal momento che gli Stati arabi stavano già facendo la pace con Israele. Ma il dramma che è esploso ci dimostra che questo non basta: dobbiamo – ha insistito l’Alto Rappresentante – fare la pace anche tra Israele e Palestina, e per fare la pace tra Israele e Palestina sarà necessario che tutti, e in particolare noi europei, ci impegniamo a superare il gigantesco dolore che hanno prodotto gli eventi innescati dall’attacco terroristico di Hamas contro i kibbutz vicino al confine di Gaza. Questa può essere un’occasione, un momento affinché si possa costruire la pace, e questo è ciò che intende fare l’Unione europea’.

Borrell ha quindi ricordato i tre ‘sì’ e i tre ‘no’ per il futuro di Gaza, che ha proposto recentemente al Consiglio Affari esteri dell’Ue, e che ha così riassunto: ‘Gaza non può essere lasciata sotto il controllo di Hamas, non può essere nuovamente occupata da Israele, e non può essere divisa. L’Autorità Palestinese deve ritornare a Gaza; gli Stati arabi devono impegnarsi, e non solo finanziando la ricostruzione; e anche noi europei dobbiamo essere parte attiva di una soluzione che può avvenire solo attraverso un accordo che consenta ciò che chiediamo da anni, e cioè la convivenza dei due popoli oggi contrapposti, che devono poter condividere la stessa terra e la stessa pace’.

Durante la sua replica, alla fine del dibattito, l’Alto Rappresentante ha osservato ancora: ‘Deve essere possibile guardare a entrambi i piatti della bilancia. Bisogna dirlo ancora, ripeterlo ogni volta che è necessario: ciò che è successo il 7 ottobre è qualcosa di assolutamente riprovevole e condannabile, che non può essere giustificato nel nome del diritto e della difesa contro la colonizzazione, nel nome della lotta per costruire uno Stato palestinese, no’.

Rispetto a questo, ‘c’è chi mi chiede se i palestinesi non abbiano anche loro il diritto di difendersi; ma l’attacco del 7 ottobre non è stato un atto di difesa, è stato un atto di terrore, con attacchi premeditati ai civili. Bisogna riaffermarlo ogni volta che serve, perché c’è chi non vuole ascoltare quando lo diciamo’.

‘Bisogna dire anche – ha ricordato Borrell – che le molotov lanciate contro la Sinagoga di Berlino e gli slogan nell’altra parte del mondo, a Sydney, contro gli ebrei non hanno niente a che vedere con la solidarietà con il popolo palestinese. Rappresentano l’antico odio contro il popolo ebreo, che ha scritto la peggiore pagina della storia d’Europa, e che dobbiamo combattere ogni giorno senza eccezioni e senza dubbio alcuno. Dobbiamo ripeterlo ancora, e lo facciamo ogni giorno’.

‘Tuttavia – ha ribadito – non per questo non riconosciamo ciò che accade oggi in Cisgiordania, con una colonizzazione che va contro le risoluzioni delle Nazioni Unite, né minimizziamo gli errori che hanno potuto commettere gli uni e gli altri in questa tragedia che dura già da troppo tempo. E se vogliamo parlare della legge, del diritto, allora ascoltiamo il procuratore della Corte penale internazionale, quando ricorda che il suo compito deve essere sviluppato non basandosi sulle emozioni ma su prove oggettive e verificabili. Sappiamo che sta portando a termine le inchieste necessarie per rispondere a quello che ora percepiamo come un dramma e, che deve essere trasformato in atti legali, quando arriverà il momento dell’accusa di fronte alla difesa’.

‘Non sostituiamo – ha esortato Borrell – l’emozione alla ragione; le emozioni stanno a fior di pelle in questa parte del mondo, ma il nostro compito è tentare di superarle, cercare una via da percorrere insieme verso la ricerca di una pace che non potrà essere costruita solo sulla distruzione militare di una organizzazione terroristica, ma sulla speranza del popolo palestinese di poter vivere in libertà e dignità. Senza questo non ci sarà pace, e la pace non è solamente qualcosa che occorre per ragioni morali’.

La pace, ha sottolineato ancora l’Alto Rappresentante, è ‘una assoluta necessità, e chi più ha bisogno dell’esistenza dello Stato palestinese è proprio Israele, perché la miglior garanzia di pace e sicurezza per Israele è l’esistenza di uno Stato palestinese, iscritto nell’ordine internazionale e che rispetti la convivenza giusta, ed è su questo che dobbiamo investire’.

Oggi è molto difficile parlarne, mentre continua il conflitto ‘ma ci sarà un giorno dopo, ed è allora che l’Unione Europea dovrà essere all’appuntamento con la storia, dovrà essere capace di contribuire di più, non solo come un buon samaritano che aiuta e cerca di minimizzare i danni che gli altri hanno prodotto, ma per evitare che si producono più danni’.

L’Ue dovrà contribuire ‘non solo con tutti gli aiuti umanitari, dedicandosi a curare le ferite, ma anche con il suo impegno politico. Perché serve a poco essere curati durante una notte se poi il giorno dopo ti uccidono le bombe’, ha concluso Borrell.

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