Ma con obiettivi ridimensionati come volevano Ppe e centro-destra

Bruxelles, 10 nov. (askanews) – I negoziatori del Parlamento europeo, della presidenza di turno spagnola del Consiglio Ue e della Commissione hanno raggiunto nella notte di giovedì un accordo provvisorio sul controverso regolamento Ue sul ripristino della natura. L’accordo dovrà ora essere confermato dalla plenaria del Parlamento europeo e dal Consiglio.

Come obiettivo generale, il regolamento prevede che gli Stati membri avviino un processo per il ripristino continuo e duraturo della natura in almeno il 20% del territorio e dei mari dell’Ue entro il 2030. Entro il 2050 queste misure dovranno essere in vigore per tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati. Nell’azione di ripristino, fino al 2030 gli Stati membri dovranno dare priorità alle aree situate nei siti “Natura 2000”.

Per raggiungere questi obiettivi, i paesi dell’Ue dovranno “riportare in buone condizioni” almeno il 30% dei tipi di habitat coperti dal regolamento entro il 2030, aumentando questo target al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Inoltre, per le aree riportate in buone condizioni gli Stati membri “dovranno mirare a garantire” che successivamente “non si deteriorino in modo significativo”.

Diversi obiettivi si applicheranno a diversi ecosistemi e gli Stati membri decideranno le misure specifiche da applicare sui loro territori. A questo fine, svilupperanno piani di ripristino nazionali, con esigenze e misure adattate al contesto locale e un calendario per la loro attuazione. I piani dovranno essere elaborati coinvolgendo le comunità locali e la società civile.

Nell’accordo provvisorio è rimasto l’obbligo per gli Stati membri di individuare e rimuovere le barriere artificiali al collegamento delle acque superficiali, al fine di trasformare almeno 25.000 km di corsi d’acqua in fiumi a flusso libero entro il 2030, e mantenere poi la connettività fluviale naturale ripristinata.

Dovrà essere invertito il declino delle popolazioni di insetti impollinatori al più tardi entro il 2030, raggiungendo successivamente una tendenza al loro aumento misurata almeno ogni sei anni.

Entro il 2030, dovranno essere attuate misure volte a raggiungere un trend positivo in diversi indicatori degli ecosistemi forestali, dovranno essere piantati altri tre miliardi di alberi, e si dovrà garantire in ogni Stato membro che non vi sia alcuna perdita netta di spazi verdi urbani rispetto al 2021. Dopo il 2030 gli spazi verdi urbani dovranno aumentare, con progressi misurati ogni sei anni.

Tuttavia, il testo approvato è stato fortemente indebolito rispetto alla proposta originale della Commissione, dopo i durissimi attacchi del mondo agricolo e delle forze di centro destra nel Parlamento europeo (Ppe, Conservatori dell’Ecr, estrema destra del gruppo Id, con l’appoggio di un terzo dei Liberali di Renew), che hanno portato all’approvazione di una lunga serie di emendamenti il 12 luglio scorso, durante il voto della plenaria a Strasburgo. Emendamenti che sono stati ora in buona parte confermati nell’accordo provvisorio con il Consiglio Ue, e che comportano spesso deroghe o possibilità di proroghe, e soprattutto la sostituzione di diversi obiettivi obbligatori con obiettivi indicativi (con formule come gli Stati membri “dovranno mirare a”, invece che “dovranno”).

Tra l’altro, è stata introdotta la possibilità di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli per un periodo fino a un anno, tramite un atto esecutivo, in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze per la sicurezza alimentare a livello comunitario.

Il Ppe, in una nota, rivendica il successo della sua azione, elencando tutte le modifiche alla proposta iniziale che aveva sostenuto e che sono rimaste nell’accordo provvisorio: 1) è stato rimosso l’obbligo di ripristinare gli habitat naturali nel 10% dei terreni agricoli, sostituendolo con un approccio basato sul principio di non deterioramento, così che per gli agricoltori “conteranno gli sforzi, non i risultati”; 2) la sicurezza alimentare è stata definita come uno degli obiettivi centrali del regolamento, anche mirando al ridurre i prezzi dei prodotti alimentari; 3) i fondi Ue per l’agricoltura e la pesca (Pac e Pcp) non saranno utilizzati per misure di ripristino della natura; 4) è stato introdotto il “freno d’emergenza” per congelare gli obiettivi nei terreni agricoli, se la sicurezza alimentare o la produzione sono minacciate; 5) le nuove norme non si applicheranno ai progetti relativi alle energie rinnovabili o alle principali opere infrastrutturali; 6) l’obiettivo controverso di ripristinare lo stato della natura per riportarlo alle condizioni in cui si trovava negli anni ’50 è stato cancellato; 7) gli Stati membri dovranno dare priorità alle azioni di ripristino nelle aree protette inserite nella rete “Natura 2000” e non nei terreni agricoli; 8) il ripristino delle torbiere sarà ora volontario per gli agricoltori, e non più obbligatorio.

Su quest’ultimo punto, in realtà, l’accordo prevede che gli Stati membri predispongano misure di ripristino parziale e progressivo delle torbiere drenate e trasformate in suoli ad uso agricolo per almeno il 30% di queste aree entro il 2030, il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050. La riumidificazione delle torbiere, tuttavia, sarà effettivamente volontaria per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati.

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