Nel 2022 inflazione ha spinto i fatturati ma Ebit a 4,6% da 5,8%
Milano, 9 ott. (askanews) – Nel 2022 l’inflazione ha spinto i fatturati del settore, pur spiegando solo i tre quarti della crescita delle imprese vinicole, che ha fatto segnare complessivamente un +9,1%, concentrandosi in particolare sul canale Horeca (+19,9%) e sulle fasce premium (+13,7%). A tale andamento è corrisposta però una contrazione margine operativo netto, passato dal 5,8% (valore medio 2015-2019) al 4,6% (2022). E’ la fotografia tracciata dall’Area Studi di Mediobanca e illustrata alla “Wine Agenda”, l’appuntamento organizzato oggi da Federvini alla “Milano Wine Week”. Al centro dell’incontro che si è tenuto a Casa Masaf, le prospettive e le sfide per il vino italiano nel quadro dell’internazionalizzazione ed il ruolo che riveste nella cultura e nella società.
Il report di Mediobanca ha sottolineato che per la filiera vitivinicola l’internazionalizzazione continua a registrare ottime performance e si conferma una priorità strategica. Nel 2022 il vino italiano ha segnato un valore in export pari a 8 miliardi di euro, con una crescita pari al 12% rispetto all’anno precedente, mentre per il primo semestre del 2023 la stima è di circa 3,7 miliardi euro.
I dati di Nomisma hanno invece evidenziato che il vino è sempre più un prodotto globalizzato e ma è proprio dal contesto internazionale che provengono i segnali di maggiore criticità. Pesano le dinamiche inflazionistiche, seguite dall’innalzamento dei tassi di interesse da parte della Bce e da un rallentamento dell’economia globale e in particolare dell’eurozona. Un quadro caratterizzato da maggiori difficoltà di accesso al credito e a strumenti finanziari e, soprattutto, per le imprese vinicole orientate ai mercati internazionali, dalle continue nuove certificazioni richieste e da ostacoli di diversa natura nell’export.
Restano largamente irrisolte problematiche legate alla protezione della proprietà intellettuale e della tutela delle Indicazioni geografiche dei prodotti di qualità e in particolar modo delle eccellenze italiane, spesso soggetti a fenomeni di imitazione e contraffazione. Un dossier che, insieme a quelli relativi alla revisione del regolamento sugli imballaggi e dell’etichettatura dei vini, chiama in causa in primo luogo le istituzioni comunitarie e nazionali per mettere a sistema una solida strategia di diplomazia economica. E, sempre a livello internazionale, prosegue un dibattito troppo spesso caratterizzato da un approccio proibizionista che ha già visto fughe in avanti sconsiderate, si guardi al caso irlandese, e rispetto al quale l’Italia invece ha molto da poter dire e facilmente dimostrare, grazie alla sua cultura del bere moderato.