“Sono riuscita a ridere due volte,la prima quando ho visto il cielo”

Roma, 9 gen. (askanews) – “Sono confusa, felicissima. Mi devo riabituare e devo riposare. Questa notte non ho dormito per l’eccitazione, per la gioia. La notte precedente non ho dormito per l’angoscia”, lo ha detto Cecilia Sala, il giorno dopo il ritorno a casa e la sua liberazione dal carcere iraniano di Evin; la giornalista ha raccontato cosa è successo nel suo podcast Stories, Chora media, ed è il direttore Mario Calabresi che ha raccolto le sue parole.

“A me non è stato spiegato perché io sia finita in un a cella di isolamento nel carcere di Evin”, dice Cecilia Sala nel podcast, confidando che “l’Iran era il Paese dove più volevo tornare, dove c’erano le persone a cui più mi sono affezionata”. “Ci tenevo a tornare da loro ed è molto difficile ottenere un visto per l’Iran, ero molto felice di averlo ottenuto, questo viaggio comincia per incontrarle e dar loro voce”.

Il giorno prima di essere arrestata – racconta – aveva intervistato Zeinab Musavi, famosa comica iraniana, e con lei, che c’era stata, aveva parlato proprio della detenzione nella cella di isolamento, le aveva raccontato che persino in quelle condizioni le erano venute in mente delle battute e aveva riso; così “per me pensare alla sua forza è stato di grande aiuto nei giorni successivi”. E anche Cecilia Sala è riuscita, nonostante l’isolamento e il silenzio, a ridere: “Due volte, la prima volta che ho visto il cielo”, anche se nel piccolo cortile del carcere circondato dal filo spinato, “ho pianto di gioia e ho riso di gioia”, e “poi quando c’era un uccellino che faceva un verso buffo”.

Nel podcast Stories di Chora media Cecilia Sala racconta che, mentre era in isolamento nel carcere di Evin, “ad un certo punto mi sono ritrovata a passare il tempo contando i giorni, a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti del pane, che era l’unica cosa in inglese”, e “non ho mai pensato che sarei stata liberata così presto”. “La tua testa – racconta – quando non hai nulla da fare, non ti stanca, non hai sonno, quindi non dormi e là dentro già un’ora sembra una settimana; se non dormi e devi riempirne 24 di ore, è più faticoso”. “La cosa che più volevo – confida – era un libro, la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori, una storia diversa dalla mia” perché “non riuscivo ad avere tanti pensieri positivi rispetto alle mie prospettive”.

“C’è un’indagine in corso e – spiega la giornalista – ci sono tante cose che non posso dire in questo momento, anche per rispetto del lavoro che stanno facendo le persone che mi hanno portata via di lì. Però posso dire che non vedo senza lenti od occhiali e gli occhiali non me li hanno mai dati fino agli ultimi giorni, perché sono pericolosi puoi spaccare il vetro e usarli per tagliarti. Non ho potuto scrivere, non ho potuto avere una biro, per lo stesso motivo”.

E “ho chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse l’unico libro che potessero avere dentro una prigione di massima sicurezza della Repubblica islamica e non mi è stato dato per molti giorni”. Sulle sue condizioni di detenzione, Cecilia Sala racconta: “Avevo delle coperte, non avevo cuscini o un materasso. Il problema non è stato mangiare il problema è stato dormire”.

La giornalista è stata arrestata mentre era in hotel e portata in carcere il giorno prima del programmato rientro in Italia, “stavo lavorando alla puntata di quel giorno del podcast – racconta – e mi hanno bussato alla porta, pensavo fossero delle pulizie e ho detto che non avevo bisogno di nulla e stavo lavorando. Sono stati insistenti e ho aperto. E non erano persone delle pulizie”. Così l’hanno portata via.

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