Askanews intervista Giada Capriotti sul nuovo evento enogastronomico

Milano, 19 dic. (askanews) – “Avevo il sogno di fare una fiera dei vini di Sicilia, una manifestazione che non fosse una replica di qualcosa che c’era già ma che cercasse un modo per raccontare in modo viscerale questa terra. Un contenitore che racchiudesse tutta la Sicilia del vino, dell’olio e in futuro speriamo anche di altro. Un contenitore ‘attivo’, che facesse emergere quanto siano bravi i produttori ma anche le criticità, e i problemi, pensando insieme le possibili soluzioni. Un contenitore che promuovesse una comunicazione del vino più semplice per avvicinare le persone: dobbiamo svecchiare la comunicazione, e semplice non vuole dire banale, significa piuttosto senza inutili tecnicismi che finiscono con lo spaventare il pubblico”. A parlare ad askanews è Giada Capriotti, ideatrice di “Vinacria-Ortigia Wine Fest” manifestazione che ha esordito dal 14 al 16 dicembre all’Antico Mercato di Siracusa.

Trentotto anni, nata e cresciuta nella campagna della barocca Palazzolo Acreide, bella cittadina dalle radici greche sui monti Iblei, Capriotti ha fatto tutta la trafila del servizio fino a diventare wine&food manager e, dopo due lauree e un master, ha aperto la sua società di consulenza ed eventi dedicati al mondo del vino, della ristorazione e dell’hotellerie. Quest’anno, insieme con il 33enne imprenditore siracusano Silvano Serenari, ha portato nella splendida e (fin troppo) placida Siracusa la sua scommessa di valorizzare le eccellenze enologiche del territorio, “creando un ponte tra produttori, esperti del settore e appassionati”.

“‘Vinacria’ è nato nella mia testa tanti anni fa ma ha preso davvero forma nel 2022” racconta Capriotti, spiegando che “a Siracusa nessuno aveva mai organizzato un evento del genere e infatti molti produttori, non solo di questa zona, mi hanno ringraziato dicendo che finalmente si sentivano parte di un territorio. A questa prima edizione hanno aderito molte istituzioni e questo significa che ritengono che si tratti di un progetto valido – aggiunge – e a tante Cantine abbiamo dovuto dire di no per motivi di spazio”. A questa prima edizione le aziende presenti erano oltre una sessantina provenienti da tutta l’isola, tra cui anche quattro che producono olio (Viveretna, Tondo, Sciabacco e Di Mino) e i marchi di spiriti Volcano Gin e Distilleria Giovi. Nonostante la partecipazione del pubblico ancora numericamente non altezza per una manifestazione di così alto livello qualitativo (ma era nelle cose per un evento al suo esordio in una realtà poco avvezza a questo tipo di manifestazioni), i produttori si sono detti soddisfatti degli incontri fatti e della presenza di esperti del settore provenienti da tutta Italia.

E i vini interessanti in degustazione sono stati davvero tanti, così tanti che non è possibile citarli tutti. E non solo dell’Etna, il cui boom commerciale deve fungere da traino e non oscurare l’enorme ricchezza del variegato panorama territoriale siciliano. Si pensi, ad esempio, solo per citare alcuni, le etichette della Cantina di Marsala (Trapani) Marco De Bartoli, che oltre al suo celebre vino perpetuo “Vecchio Samperi” e ai suoi Marsala “importanti”, ha presentato due espressioni tanto semplici quanto ottime di Catarratto, “Lucido Terre Siciliane Igt 2023”, e di Grillo, “Vignaverde 2023”. E poi c’è da segnalare il Metodo Classico Extra Brut da Catarratto del palermitano Alessandro di Camporeale nella versione 2020 e in quella “Sboccatura Tardiva 2017”. E per rimanere sulle bollicine più interessanti assaggiate, non si può non dire del “Fiore Extra Brut 2020” di Fiore Società Agricola di Butera (Caltanissetta) e il “Podere 27 Sicilia Rosato Spumante Doc”, un Nero D’Avola della Cantina siracusana Pupillo. E poi ci sono i “vini differenti” di Cantina Marilina di Noto (Siracusa), con i suoi Moscato Bianco: dall’ancestrale frizzante “Fedelie”, che con la sua spontaneità ti riporta indietro nel tempo, al pulitissimo organge “Cecile” che guarda al futuro. Poi Moscato e Grecanico dalla lunghissima vita, fino al Nero d’Avola declinato in purezza, nelle versioni Riserva e Passito, e in blend con il Merlot. Macerati di razza, vini veri. Concettualmente all’opposto, le etichette dell’azienda agricola biodinamica Guadioso di Partanna: vini leggiadri a basso tenore alcolico, figli di fermentazione spontanea con i loro lieviti e senza controllo della temperatura. Non sono filtrati ma sono di una beva così facile e immediata da essere la migliore risposta alla (supposta) moda dei low-alcol. Sorprendente anche il blend “Versante Sud Macerato”, una selezione di uve autoctone a bacca bianca prodotto con intelligenza e grande gusto dalla Cantina Serafica di Nicolosi, figlio di viticultura eroica a 900 metri di sabbiosa altitudine sul versante Sud del vulcano.

E una volta saliti su “a Muntagna”, c’è il bel biologico “Vignazza Etna Rosato Doc 2022” prodotto a Linguaglossa da Generazione Alessandro, meno famoso dei due deliziosi “Munjebel Igp 2022” firmati dal pluripremiato Frank Cornelissen di Castiglione di Sicilia, qui solo con la versione rossa da uve Nerello Mascalese e con quella bianca da Grecanico Dorato e Carricante. E poi naturalmente I custodi delle vigne dell’Etna che alla tre giorni hanno portato, tra gli altri, degli elegantissimi Etna Bianco Doc “Aedes 2023” e suo fratello maggiore, il Superiore “Imbris 2020”. Tanti vini buoni, che la dicono lunga non solo sulla varietà e sulla qualità della produzione siciliana ma sull’importanza degli autoctoni e del sempre più interessante modo di interpretarli nella ricchezza di un territorio che offre sfaccettature profondamente diverse a distanza di pochissimi chilometri. Ma sottolinea anche l’intelligente selezione operata per questo format al suo esordio e il piacere di vedere tanti produttori giovani, molte delle quali donne.

“Il vino è libertà e degustare significa essere disposti a spogliarsi, mettersi in ascolto, accogliere, cambiare punto di vista, cambiare angolazione. Degustare è immaginazione e immersione, richiede un sentire profondo” dice Capriotti, con un entusiasmo e un’emozione contagiose, evidenziando che “noi comunicatori e organizzatori di eventi abbiamo il dovere di celebrare la bellezza che viene prodotta qui, abbiamo il dovere di creare una comunicazione circolare e smettere di agire in modo scomposto e autoreferenziale, dobbiamo dare vita ad una sorta di ‘catena umana’ perché questa è la nostra terra e la dobbiamo difendere tutti insieme. Per farlo – prosegue – dobbiamo partire dai ragazzi e fare educazione civica, educazione alla bellezza, educazione alla gentilezza, e combattere chi sporca, la malavita, la mafia, le lobby, il ricatto. Bisogna stare insieme”.

Tracciando un bilancio, Capriotti è soddisfatta: “Direi buona la prima ma naturalmente ci sono tante cose da migliorare e dobbiamo ambire a fare sempre meglio: per il prossimo anno innanzitutto cercheremo di ampliare il parterre e le masterclass (che quest’anno sono state 13 e sono andate tutte esaurite, ndr) perché abbiamo avuto molto richieste a cui vogliamo riuscire a dare seguito”. (Alessandro Pestalozza)

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