Il 2 aprile 2005, alle 21.37, il mondo si fermava: Papa Giovanni Paolo II lasciava questa vita, ponendo fine a uno dei pontificati più lunghi e significativi della storia della Chiesa. Ricordo quel momento, il dolore e il senso di vuoto tra i fedeli. Oggi, a vent’anni dalla sua scomparsa, il suo esempio resta per me una guida preziosa, un faro di speranza in un mondo complesso.
Karol Wojtyla, nato il 18 maggio 1920 in Polonia, è stato il primo Papa non italiano dopo 455 anni. Fin dal primo istante del suo pontificato, ha dimostrato di essere un leader vicino alla gente, capace di comunicare con umiltà e passione. Il suo famoso “Corriggerete“, pronunciato in un italiano incerto ma spontaneo la sera del 16 ottobre 1978, ha rivelato la sua profonda umanità.
Uno degli aspetti più significativi della sua opera è stato il ruolo nella caduta dei regimi comunisti in Europa dell’Est. Con il suo grido “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”, ha dato coraggio a milioni di persone oppresse. La sua azione spirituale e politica ha contribuito a far crollare il Muro di Berlino e a ridisegnare l’Europa moderna.
La sua vita fu segnata anche dalla sofferenza: il 13 maggio 1981, in Piazza San Pietro, subì un attentato che sconvolse il mondo. Colpito da Ali Agca, Wojtyla sopravvisse miracolosamente e, anziché serbare rancore, incontrò il suo attentatore in carcere per concedergli il perdono. Questo gesto straordinario ha testimoniato la sua profonda fede cristiana e la sua capacità di incarnare l’insegnamento evangelico della misericordia.
Il suo pontificato è stato quello dei record: ha visitato più Paesi di qualsiasi altro Papa prima di lui, percorrendo l’equivalente di quasi 60 volte la circonferenza della Terra e portando il messaggio di Cristo in tutto il mondo. Ho sempre ammirato la sua energia instancabile, la sua voglia di incontrare le persone, di stringere mani, di sorridere a chiunque gli si avvicinasse.
Giovanni Paolo II ha avuto un legame speciale con i giovani, al punto che è nato il movimento dei “Papaboys“. Le Giornate Mondiali della Gioventù, da lui istituite, sono diventate un appuntamento fondamentale per i giovani cattolici. Io stesso, pur non avendo partecipato, ho sempre guardato con ammirazione queste grandi manifestazioni di fede.
Anche nella malattia, Wojtyla ha mostrato la sua grandezza: negli ultimi anni della sua vita non ha mai nascosto la sua debolezza fisica, accettandola con dignità e trasformandola in un’ultima, potente testimonianza di fede. Come Cristo, non è sceso dalla Croce, ma ha abbracciato il dolore come parte del suo cammino spirituale.
Papa Giovanni Paolo II ha saputo anche utilizzare i mezzi di comunicazione con grande modernità: ha dato impulso al Centro Televisivo Vaticano, ha portato il messaggio cristiano nelle case di milioni di persone e, per la prima volta nella storia, ha partecipato in diretta a un programma televisivo.
Il suo legame con la società è stato profondo: nel 2002 fu il primo Papa a parlare al Parlamento Italiano, affrontando temi di grande attualità come la crisi demografica e la condizione dei detenuti, invitando il Paese a una maggiore coesione sociale.
A vent’anni dalla sua morte, l’eredità di Giovanni Paolo II rimane viva. Il suo pontificato ha lasciato un’impronta indelebile nella storia, dimostrando come fede, determinazione e amore possano davvero cambiare il mondo. La sua vita, fatta di coraggio e speranza, continua a ispirarmi ogni giorno, rendendolo una guida spirituale sempre presente.