Dalla relazione con Mick Jagger, alla caduta e alla rinascita
Roma, 30 gen. (askanews) – E’ stata una leggenda della “swinging London” Marianne Faithfull, la cantante e attrice che se n’è andata oggi a 78 anni, dopo una vita sulla cresta dell’onda del successo, ma anche negli abissi della depressione.
Figlia di un professore di letteratura italiana e di un’artista proveniente da una delle famiglie più nobili dell’Europa centrale asburgica, i von Masoch che ebbero tra i più ambiguamente famosi quel Leopold von Sacher-Masoch a cui dobbiamo la parola “masochismo”, Faithfull ebbe i primi successi giovanissima, ancora 17enne.
Fu notata alla festa di lancio dei Rolling Stones dal produttore della band Andrew Loog Oldham. E proprio agli Stones è legata la prima parte della sua carriera. Mick Jagger e Keith Richards scrissero il su primo successo, “As Tears Go By”, nel 1964. Da lì fu il decollo.
Faithfull si sposò con l’artista John Dunbar, da cui ebbe il figlio Nicholas. Ma solo due anni dopo lo lasciò per Jagger, con cui ebbe una relazione estremamente mediatizzata fino al 1970. Con gli Stones, con Anita Pallemberg, fidanzata di Brian Jones e poi compagna di Keith Richards, divenne parte di un insieme di personalità che impressero il loro marchio sulla seconda metà degli anni ’60 a Londra. Nello stesso tempo, su loro, impresse un altrettanto pesante marchio il consumo di sostanze stupefacenti, in particolare la cocaina.
Quando ci fu una retata a casa di Richards, lei fu arrestata, era nuda sotto un tappeto di pelliccia. Fu massacrata dai media e non si mancò di ricordare il fatto che il suo antenato, barone Leopold von Sacher-Masoch, era stato autore del romanzo “La Venere in pelliccia”.
Dopo cinque album pubblicati con l’etichetta Decca, la sua carriera si interruppe bruscamente nel 1967. Ci vollero quasi dieci anni prima che ritrovasse lo studip di registrazione. In più, la fine della relazione con Jagger la fece precipitare nella depressione, anche con un tentativo di suicidio.
Quando uscì “Sticky Fingers” dei Rolling Stones, album che includeva “Sister Morphine”, canzone di cui lei era co-autrice, era probabilmente al punto più basso della sua carriera. Ci vollero anni prima che le venissero riconosciuti i diritti d’autore sul brano.
Persa la custodia di Nicholas, sprofondò nella disperazione. Nel 1971 registrò un album che venne pubblicato solo nel 1985. L’unica apparizione pubblica di quel periodo fu accanto a David Bowie, nel 1973, in uno show televisivo. Gli amici tentarono di aiutarla, invano. Nel 1975 pubblicò un album country che ebbe un discreto successo in Irlanda.
Fu nel 1979, finalmente, che tornò al successo con l’album “Broken English”. Seguì il trasferimento a New York nei primi anni ’80 e la disintossicazione. Nel 1985 collaborò a un album di cover di Kurt Weill. L’anno successivo, finalmente libera dall’eroina dopo 17 anni di dipendenza, registrò “Strange Weather”, album della rinascita.
Nel 1994 pubblicò la sua prima autobiografia e iniziò una relazione con il francese François Ravard, ex manager dei Téléphone, con cui rimase quindici anni. Lavorò con Angelo Badalamenti e interpretò “L’Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht a teatro. Nel XXI secolo collaborò con artisti come Beck, Damon Albarn, Jarvis Cocker e Étienne Daho, e con PJ Harvey e Nick Cave.
Attrice sin da giovane, esordì al cinema nel 1966 con “Made in USA” di Jean-Luc Godard. Recitò accanto ad Alain Delon in “La motocicletta” (1968) e apparve nel musical televisivo “Anna” con Jean-Claude Brialy e Anna Karina. Negli anni 2000 lavorò con Sofia Coppola (“Marie Antoinette”). Il suo ruolo più celebrato fu in “Irina Palm” (2007), dove interpretava una sessantenne costretta a prostituirsi per pagare le cure del nipote.
Il suo ultimo album s’intitola “Negative Capability”, ispirato dalla perdita di amici come Anita Pallenberg. La sua ultima apparizione pubblica, lo scorso 17 febbraio, era stata alla sfilata della maison di moda Chloé durante la Fashion Week di Parigi.