Fatturato 2024 sale a 26,6 mld. Lusetti: azione di contenimento inflattivo

Milano, 13 gen. (askanews) – I prodotti a marchio del distributore continuano a crescere toccando nel 2024 i 26,6 miliardi di fatturato complessivo tra distribuzione moderna e discount, dato che per il solo canale della distribuzione moderna si attesta a 14,2 miliardi. “Nel 2024 l’incremento a valore della marca distributore è stato del 2,4% mentre l’incremento a volume è stato del 3,3 % e questo dimostra il fatto che essendo aumentato dal punto di vista quantitativo rispetto al valore, attraverso la mdd abbiamo sviluppato anche un’azione di contenimento del tasso inflattivo – ha detto il presidente di Adm, Mauro Lusetti – Se mettessimo assieme tutto il fatturato della mdd, raggiungeremmo un totale di 26,6 miliardi di euro che rappresenterebbero, se fossero generati da una singola azienda, la quarta impresa a livello internazionale dopo Enel, Eni, Stellantis, per fatturato. E’ una operazione teorica ma serve a dare una dimensione di quello che rappresenta la marca del distributore”.

Negli ultimi cinque anni la marca del distributore ha continuato a crescere (+35,4% sul 2019) spinta prima dall’emergenza Covid e poi negli ultimi due anni dall’infazione. Su questo fronte Teha (The European House – Ambrosetti), che ha curato tutta l’analisi su “Il ruolo guida della distribuzione moderna e della marca del distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare”, ha calcolato che in termini di tutela del potere d’acquisto la private label ha consentito un risparmio di 19,8 miliardi di euro dal 2020 al 2024 (4,6 miliardi solo lo scorso anno), pari a 150 euro annui a famiglia.

Del resto, secondo lo studio Teha, più di otto italiani su 10 fanno riferimento oggi alla distribuzione moderna per la propria spesa alimentare: il 65% tra supermercati e ipermercati, mentre il 16% preferisce il discount. Il restante 20% circa si rivolge a mercati rionali (6,2%), va direttamente dal produttore (4,8%) o fa i propri acquisti in gastronomia (4,7%). Una geografia della spesa degli italiani che spiega la centralità di questo canale e della marca del distributore soprattutto lungo la filiera agroalimentare. A tal proposito l’analisi Ambrosetti mostra come la mdd agisca come leva anche per “democratizzare” stili alimentari sani e sostenibili rendendoli economicamente accessibili. Non a caso la private label ha una quota di mercato del 46,6% nel segmento bio, del 18,6% in quello premium e del 15,3% nel mercato nei prodotti “funzionali”.

Detto questo però, la quota di mercato complessiva della marca del distributore in Italia nella distribuzione moderna, inclusi i discount, si ferma al 31,8% (22,6% se si escludono i discount) dato che ha portato Valerio De Molli, managing partner e Ceo Teha, a dire che “the best is yet to come”. Perchè se è vero che “Siamo al massimo storico sia per valore assoluto di fatturato generato che per valore relativo di quota di mercato ponderata, rispetto al resto del contesto europeo ci posizioniamo a metà strada tra i Paesi più esposti che sorpassano il 50% di quota della mdd”. Nella classifica europea, infatti, sul podio troviamo Svizzera, Spagna e Paesi Bassi dove la quota di mercato della mdd rappresenta, rispettivamente, il 52,3%, il 45,6% e il 45,2%, con una media europea che sfiora il 36%, segno che le potenzialità di crescita sono ancora alte. “Se la quota di mercato della mdd italiana si allineasse ai primi tre Paesi europei, il fatturato supererebbe i 50 miliardi – ha fatto notare De Molli – con un fatturato aggiuntivo di 58 miliardi di euro cumulato dal 2025 al 2030”.

L’anticipazione dello studio Teha – che verrà presentato in forma completa il 15 gennaio a Marca by BolognaFiere 2025 – mostra come complessivamente la distribuzione moderna, che nel 2023 ha realizzato 167,6 miliardi di fatturato, in Italia generi 208 miliardi di euro di valore aggiunto, più del 10% del pil tra valore diretto (oltre 27 miliardi) e indiretto (181 miliardi). “Il tanto celebrato turismo vale esattamente la metà per capire – ha sottolineato De Molli – Parliamo di un generatore di sviluppo estremamente rilevante e nonostante questo non ha nemmeno un ministro di riferimento come invece ha il turismo”.

In termini di occupazione, la distribuzione organizzata con i partner della mdd e le società di servizio, raggiunte i 3 milioni di lavoratori: “Una dimensione di grande rilievo sociale – ha evidenziato Lusetti – che tiene conto non solo di un numero importante di lavoratori ma anche di una qualità del lavoro, spesso a tempo indeterminato, che porta grande stabilità”. Un dato di sostenibilità sociale che corre in parallelo a quello della sostenibilità ambientale che dal 2013 alla fine del 2022 ha visto calare la Co2 da 8,7 chili per euro generato dalla distribuzione moderna a 6,2 chili, il 30% in meno.

Snocciolando i numeri che stanno dietro la distribuzione moderna e la filiera della private label Lusetti, che oltre a essere presidente di Adm è anche presidente di Conad, ha voluto condividere anche una riflessione generale sul comparto che suona come un invito a tutti gli operatori: “Spesso – ha detto – come distribuzione moderna siamo giudicati un gigante economico, perché i numeri dicono che siamo grandi e importanti, ma un nano politico. Se questo è stato vero in tante situazioni, credo anche che alcuni elementi che si sono registrati già l’anno scorso danno la dimensione di come le potenzialità del settore siano enormi quando riesce ad agire insieme”. Il riferimento è “all’enorme risultato che come Adm abbiamo ottenuto con la nuova regolamentazione dei buoni pasto che per il settore è un elemento fondamentale”. “Questi sono i successi che riusciamo a ottenere quando le nostre organizzazioni trovano un filo conduttore comune – ha concluso – ed è un auspicio che lascio a partire dal sottoscritto in termini di impegno per il prossimo futuro nel non lasciare cadere opportunità e occasioni di questo agire comune”.

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