Voto definitivo 5, con 1 punto di malus
Roma, 27 dic. (askanews) – Per la presidente del Consiglio italiana il voto tiene conto di due diverse persone. Da un lato c’è Giorgia, l’esponente politico che pensa di essere ancora all’opposizione, che urla fino a perdere la voce dal palco di Atreju e che pensa di essere accerchiata da nemici che tramano in ogni modo per farla cadere. Dall’altro c’è Meloni, la leader conservatrice moderata che dall’iniziale scetticismo ha saputo conquistare il rispetto e anche la stima di molti colleghi a livello europeo e mondiale.
Giorgia è rinchiusa nel suo ufficio a Palazzo Chigi, con una cerchia sempre più ristretta di persone fidate, sostanzialmente familiari (di sangue o “acquisiti”), annuncia via social grandi risultati, miracoli economici, disoccupazione in calo ma poi in privato si infuria per la manovra che, anche quest’anno, il suo governo fatica a gestire o per i giudici che incredibilmente – secondo lei – bloccano il “modello” Albania. Le grandi riforme – autonomia e premierato – sembrano avviate verso un fallimento, il suo esecutivo sforna a ripetizione decreti, talvolta di dubbio valore, da far approvare a colpi di fiducia, proprio lei che tuonava contro il ricorso a uno strumento che mortifica il Parlamento. Ha il terrore dei “poteri forti” e del “deep state”, vede continui agguati della stampa italiana – che in realtà raramente si ricorda così benevola con un premier – non si fida dei suoi vice né dei suoi ministri (alcuni oggettivamente non adeguati) e l’unico che riteneva all’altezza, Raffaele Fitto, l’ha dovuto mandare in Europa. Pure nel suo partito, si mormora nei corridoi, si sono resi conto che qualcosa non va e anche se ancora nessuno esce allo scoperto cresce l’insofferenza per la guida delle Meloni (Giorgia&Arianna). Dopo due anni abbondanti a Palazzo Chigi, dovrebbe rendersi conto che ha una maggioranza ampia, un’opposizione divisa, una stampa benevola e ancora un vasto consenso. E cominciare a governare. Voto 4.
Meloni si trova pienamente a suo agio in quelli che chiama i “tavoli che contano”. A Bruxelles era stata accolta con scetticismo, ma ha saputo ritagliarsi un ruolo importante. La nomina di Fitto come vice presidente esecutivo della Commissione – per lei che aveva votato contro il bis di Ursula von der Leyen – è stata sicuramente un risultato notevole, di cui deve ringraziare anche Antonio Tajani e il Ppe, che hanno “garantito” per l’ex ministro permettendo di superare il cosiddetto “cordone sanitario”. Altro risultato è stato convincere la presidente della Commissione a cambiare linea sui migranti. Che si sia o meno d’accordo con l’approccio di Meloni, sicuramente è riuscita a spostare a destra, su questo tema, l’asse dell’Unione europea. Sull’Ucraina ha preso da subito e mantenuto la linea della fermezza nel sostegno a Kiev, sfidando la contrarietà della Lega. Anche sull’automotive il pressing su von der Leyen per cambiare l’impostazione del green deal sembra che stia producendo un ripensamento. Adesso si sta giocando la carta Trump. Nel corso della campagna elettorale Usa ha evitato di esplicitare un sostegno diretto, ma con la foto di Notre Dame ha già superato gli ultras “Maga” Viktor Orban e Matteo Salvini e grazie anche al legame con Elon Musk si propone di essere il “ponte” tra Washington e Bruxelles. Voto 8.
C’è un momento in cui Giorgia e Meloni si incontrano: quando davanti a loro si trovano i giornalisti. Giorgia Meloni non tiene una conferenza stampa da mesi. L’ultima, obbligata, è stata quella al termine del G7 a giugno. La prossima dovrebbe essere quella che tradizionalmente sarebbe di fine anno, e per la quale non ha dato disponibilità fino al 9 gennaio. Per il resto, sia in Italia che all’estero, Bruxelles compresa, si limita, quando va bene, a dei punti stampa volanti, che sembrano darle la tranquillità psicologica di poter “scappare” in caso di bisogno. Cosa che, a dire il vero, raramente fa. Piuttosto quando qualche domanda è un po’ sgradita, o almeno percepita come tale, Giorgia prevale e allora arrivano la rispostaccia o la battuta sarcastica. Si diceva quando va bene perché seguirla è un po’ percorso a ostacoli e un po’ caccia al tesoro, tra agende incomplete o continuamente modificate, programmi “privati” nelle missioni, contatti frettolosi. Malus per Giorgia Meloni e i rapporto con la stampa: – 1
Voto totale: 5
di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli