Il binomio composto dal fotografo Nando Calabrese e dal pittore Pietro Loffredo sarà ospite a Fisciano, presso gli spazi Biblioteca umanistica “E.R.Caianiello” da lunedì 25 novembre a giovedì 5 dicembre, con questa mostra appello, promossa dall’Università degli studi di Salerno in tour in diverse città italiane
Nella mattinata di lunedì 25 novembre, ospite a Fisciano, presso gli spazi Biblioteca umanistica “E.R.Caianiello”, verrà inaugurata la mostra, IoSono, di Pietro Loffredo e Nando Calabrese, a cura di Clorinda Irace, realizzata dall’università degli studi di Salerno, il patrocinio della Regione Campania e il contributo della GCO.
La mostra-appello, curata da Colrinda Irace, che sarà in essere sino a giovedì 5 dicembre è il “grido di dolore” che i due artisti lanciano di fronte alle violenze di cui sono vittime ogni giorno le donne: donne di ogni cultura, etnia, estrazione sociale, accumunate da storie spesso simili.
Donne comuni, come i volti che scorrono in mostra, noti o sconosciuti, come l’attrice Antonella Stefanucci, Le 12 opere scaturiscono dagli scatti fotografici di Nando Calabrese, che incrociano il segno pittorico di Pietro Loffredo, in una sorta di magia scaramantica che affida all’arte la difesa di quei volti femminili: al centro del progetto dei due autori, che raffinano e rafforzano la loro collaborazione, si afferma quell’ ioSono, io esisto, che in tutta la sua forza si manifesta individuale, irripetibile.
I due autori, che più volte hanno collaborato tra loro, hanno all’attivo numerose esposizioni, personali e collettive. Il progetto ha avuto una lunga gestazione: dapprima la selezione di un gruppo di donne, poi gli scatti capaci di mostrare le diverse facce del mondo femminile ossia donne diverse per età, estrazione sociale, cultura, professione, razza, provenienza che sono state fotografate a mezzo busto.
Infine, l’intervento dell’artista con un segno apotropaico dal significato vagamente polemico. Se non si riesce a difendere queste donne in modo “istituzionale” allora ci si affida ad un segno “magico”, scaramantico, illusorio che assume il ruolo di improbabile protettore.
Un “grido di dolore” rispetto alle tantissime violenze che si verificano ogni giorno colpendo donne di ogni tipo. Donne che i due autori vogliono porre al centro della loro rappresentazione affidando la loro estrema difesa all’arte, capace di far emergere una richiesta pressante di queste donne: di esistere, di essere rispettate in nome della loro individualità unica, semplice o complessa che sia l’esperienza condivisa con donne di ogni età, genere sociale, culturale e nazionalità per comprendere come le loro immagini interiori e sociali siano legate o entrino in conflitto nella vita quotidiana.
Realismo, idealizzazione, drammatizzazione, mistificazione dell’immagine sono solo alcuni degli elementi che partecipano alla costruzione di un’identità interiore da proiettare verso l’esterno, verso l’altro.
Un’identità che cerca e afferma il suo posto nella società. I ritratti raccolti in un dialogo fatto di sguardi tra donne e che si espande a chi oggi osserva le immagini, instaura un dialogo senza confini definiti mettendoci di fronte alla “Stra-ordinaria” bellezza di donne ordinarie. Esse, senza necessità di spille o riconoscimenti, incarnano il messaggio di forza naturale che le contraddistingue. Un momento di denuncia attraverso le immagini, su un tema che drammaticamente si ripropone con una sempre crescente frequenza, da nord a sud, in tutta Italia.
Le 12 opere incrociano gli scatti fotografici di Nando Calabrese e il segno pittorico di Pietro Loffredo, in una sorta di magia scaramantica che affida all’arte la difesa di quei volti femminili: al centro del Progetto dei due Autori, che raffinano e rafforzano così la loro collaborazione, si afferma quell’ ioSono, io esisto, che in tutta la sua forza si manifesta individuale, irripetibile. In occasione dell’inaugurazione Pietro Loffredo e Nando Calabrese incontreranno il pubblico: sarà un’occasione per parlare di donne e di problematiche inerenti l’emancipazione femminile in tutti i campi e delle resistenze sociali e culturali che essa incontra.
La mostra fotografica, dunque, invita ad una riflessione che esula anche dagli aspetti strettamente legati alla cronaca nera e rimanda a quel principio di eguaglianza che prescinde dal genere.
Forse, proprio seguendo la via tracciata dai cornetti talismani disegnati sulle immagini, si potrà provare a costruire la strada del cambiamento. Talismani come sonde da affondare nelle zone più oscure della realtà per cercare di controllare l’incontrollabile.
Ma anche richiamo alla responsabilità e all’impegno civile di ciascuno di noi contro l’iniquità di un mondo che ha perso di vista i valori per inseguire irresponsabilmente il consumismo e l’apparire e che, ora, con la crisi economica, non sa più in quale direzione dirigersi.
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