Ma manovra più aggressiva avrebbe frenato crescita di 1-2 punti extra
Roma, 18 nov. (askanews) – Col senno di poi, per così dire, “se la Bce avesse saputo a fine 2021 l’esatta natura degli shock inflazionistici che stavano per abbattersi sull’economia dell’area euro, avrebbe dovuto alzare i tassi più anticipatamente e in maniera più energica. Lo ha riconosciuto il capo economista della Bce, Philip Lane nel suo intervento alla prima giornata della conferenza su inflazione e aspettative di inflazione organizzata a Roma dalla Banca d’Italia assieme al Suerf.
Lane ha però aggiunto che se così avesse fatto, l’inflazione avrebbe media nell’area raggiunto un picco “attorno all’8% invece che quello del 10% osservato nel quarto trimestre del 2022. Ma questa stretta avrebbe implicato pesanti costi economici, con la crescita trimestrale di 1 o 2 punti percentuali più bassa”.
Non è la prima volta che Lane passa in rassegna la risposta di politica monetaria adottata dalla Bce in questa situazione. E fondamentalmente imputa gli errori su tempi e portata della stretta ai modelli previsionali e alle conoscenze disponibili.
Senza sapere in anticipo quello che effettivamente sarebbe successo in futuro “l’analisi basata su modelli indica che la linea monetaria è stata impostata in una maniera complessivamente appropriata durante 2021 e 2022 – ha sostenuto – date le informazioni disponibili in tempo reale ai decisori. Sebbene alcune considerazioni sui rischi avrebbero potuto essere fatte più in anticipo rispetto al ciclo restrittivo, altre considerazioni, sempre sui rischi, facevano propendere per la direzione opposta”, inclusa l’incertezza associata con la guerra in Ucraina.