Il racconto di Lucia D’Anna: “Dobbiamo abituarci alla guerra”

Roma, 2 ott. (askanews) – “Nella città vecchia di Gerusalemme non abbiamo i bunker, siamo rimasti un’ora chiusi in un angolino della stanza più interna della casa. Sentivamo la sirene e i boati dei missili. È stato bruttissimo”. Lucia D’Anna ha 32 anni, originaria di Varese, vive a Gerusalemme da 9 anni. Insegnante alla scuola di musica della Custodia di Terra Santa, l’Istituto Magnificat, racconta la giornata di ieri – con i missili iraniani su Israele – che è stata “una delle più brutte” da quando vive a Gerusalemme. “Ho abitato nella Gerusalemme Ovest, poi nella parte Est e ora nel quartiere cristiano della Città Vecchia – racconta ad askanews – sono sposata da cinque anni con mio marito, arabo cristiano. Abbiamo un bimbo di quattro anni e mezzo”.

“La nostra è una scuola molto speciale – dice – perchè convivono le tre religioni. La maggioranza degli insegnanti è ebrea, ma ci sono anche alcuni arabi cristiani e una musulmana, mentre gli allievi sono cristiani per la maggior parte, ma ci sono anche musulmani e qualche ebreo. Insomma, un vero esempio di integrazione e convivenza”.

Lucia racconta che dopo il 7 ottobre 2023 la situazione è diventata sempre più difficile. “La nostra vita da quella data è profondamente cambiata – racconta – ci troviamo di fronte a molte sfide e mantenere la calma, soprattutto quando si verificano i bombardamenti non è facile. Quello di ieri è stato veramente pesante. C’è stato pochissimo preavviso, sono stati attacchi molto estensivi, un numero di razzi maggiore (il doppio di quelli di aprile, ndr) e missili enormi. Le sirene hanno risuonato per oltre un’ora. È stato terribile. Mio figlio si è spaventato tantissimo e sembra che il peggio debba ancora venire”.

“Proprio qualche giorno fa ho incontrato padre Faltas (vicario della Custodia di Terra Santa, ndr) che mi ha detto: ancora non ti sei abituata alla guerra? Credo abbia proprio ragione: oramai ci dovremo abituare alla guerra per un po di tempo”. Lucia D’Anna racconta che in città sono state rafforzate le misure di sicurezza, “da oggi comincia il Capodanno ebraico” e “ci aspettiamo la risposta di Israele”. “Nessuno qui è abituato a una guerra così lunga – prosegue la 32enne italiana – si va avanti in modo difficoltoso. Difficile anche pensare di rientrare in Italia, ad esempio per le feste di Natale. Il mio volo dei primi di gennaio è stato cancellato e anche con le compagnie aeree viviamo nel limbo, con la possibilità che i voli vengano cancellati da un momento all’altro. Impossibile pensare di portare mio figlio dai nonni per le feste”.

Una guerra che, oltre a tanti morti, porta anche conseguenze economiche gravi. “Il sangue chiama sangue – conclude Lucia – le morti sono da tutte le parti. L’economia sta andando a rotoli, non c’è lavoro, i pellegrinaggi sono annullati. E anche il turismo ha un crollo. In questi giorni ho visto, nella città vecchia, tanta gente in fila per poter ritirare il pacchetto con i beni di prima necessità. Mai mi era successo in 9 anni di vita qui a Gerusalemme”.

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