I frammenti di diamanti venduti a poco solamente per sopravvivere
Roma, 1 ott. (askanews) – Nel distretto di Kono, in Sierra Leone, dove nel 2017 è stato scoperto uno dei venti diamanti più grandi al mondo, il ritrovamento di ricchezze non allevia la povertà delle comunità locali, che restano tra le più vulnerabili. Camminando tra le miniere a cielo aperto, la presenza di molti bambini e bambine impegnati nel lavoro accanto ai genitori è uno scenario comune. Tutti alla disperata ricerca di diamanti nei terreni sfruttati dalle grandi compagnie internazionali che, una volta esaurite le risorse, abbandonano il territorio lasciando alle comunità solo cumuli di terra dove, se si è fortunati, rimane ancora qualche piccolo frammento di diamante di basso valore.
Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, un milione di bambini a livello globale è impiegato nelle miniere, e sebbene sia difficile stimare esattamente il fenomeno in Sierra Leone, una visita in loco ne rivela la portata: sono migliaia i minori coinvolti.
Neneh, oggi 16enne, ha trascorso gran parte della sua infanzia in queste miniere. “Dopo la scuola andavo a dare una mano a mio padre. Scavavamo – racconta – e trasportavamo secchi di terra in cerca di diamanti. Noi bambini spesso portavamo anche i secchi più pesanti. Restavamo lì fino alle cinque o sei di sera, e alla fine mio padre ci dava qualche soldo per tornare a casa e preparare da mangiare. Non avevamo abbastanza cibo e non riuscivamo a concentrarci bene a scuola. Anche se trovavamo un diamante, non ci davano soldi, ma solo materiale scolastico e vestiti nuovi. Non ero felice di andare nelle miniere, ma non potevo rifiutarmi”.
Il distretto di Kono, al confine con la Liberia, è stato uno dei teatri della guerra civile che ha devastato il Paese tra il 1991 e il 2002, causato la morte di almeno 70mila persone e oltre 2 milioni di sfollati. Fu durante quel conflitto che il mondo scoprì il dramma dei bambini-soldato e il legame tra i minerali preziosi – i cosiddetti diamanti insanguinati – e la guerra. A conflitto concluso, la distruzione di scuole, ospedali e strade ha reso difficile la ripresa e la Sierra Leone resta uno dei Paesi più poveri al mondo.
La povertà resta il principale fattore che causa il lavoro minorile. Sebbene il Parlamento della Sierra Leone abbia approvato il Mines and Minerals Development Act, con l’obiettivo di migliorare il benessere delle comunità coinvolte nelle attività minerarie e promuovere una gestione più trasparente del settore, il lavoro minorile nelle miniere continua a essere una piaga diffusa. Le condizioni fisiche a cui sono sottoposti, come il trasporto quotidiano di sacchi pesanti, mettono a rischio la loro salute, esponendoli a malattie muscolari, incidenti e traumi psicologici che compromettono il loro sviluppo e la possibilità di accedere all’istruzione e completare il ciclo di studi.
“Sono triste quando vedo i miei coetanei in miniera, perché penso a cosa ho passato. Le bambine che non vanno nemmeno a scuola spesso finiscono per rimanere incinte senza nessuno che si prenda cura di loro. Ho un’amica che lavora nelle miniere, vive con suo zio ma viene maltrattata. Quando siamo a scuola a volte lascia la classe per andare a lavorare nelle miniere. Prende la sua pala e il secchio e va, per guadagnarsi da vivere. Sta lottando ma non ha nessuno che la aiuti”, racconta Neneh.
Le ragazze sono particolarmente vulnerabili. La mancanza di accesso all’istruzione e le pratiche dannose come il matrimonio precoce o forzato aggravano ulteriormente la loro situazione. In Sierra Leone il 21% delle adolescenti tra i 15 e i 19 anni ha già avuto gravidanze e il 30% delle giovani si sposa prima dei 18° anni. Il 9% ha addirittura contratto matrimonio prima dei 15 anni.
Nonostante il Presidente Julius Maada Bio abbia firmato nel luglio 2024 una legge che vieta il matrimonio infantile, con pene che includono multe e carcere per i trasgressori, resta la sfida nell’educare e sensibilizzare le comunità. Come sottolinea Desmond Carney, responsabile regionale di ActionAid nell’area di Kono “il nostro compito principale resta quello di sensibilizzare le comunità. Il problema dei matrimoni precoci come quello del lavoro minorile è una questione seria nel nostro Paese. Sebbene esistano leggi che li vietano, la mancanza di consapevolezza e di conoscenza di queste normative fa sì che molti bambini continuino a essere coinvolti in attività minerarie e altri lavori inappropriati per la loro età o, specie le bambine, siano soggette ad abusi. Se non riusciamo a creare opportunità per loro e a far sì che le famiglie comprendano l’importanza di avere un sogno e un futuro, sarà molto difficile per loro realizzarlo”.
Dal 1988, ActionAid opera in Sierra Leone collaborando con le istituzioni per proteggere i minori e reintegrarli nel sistema scolastico. “ActionAid ha trasformato la mia vita e quella della mia famiglia. Mio padre ha smesso di portarci nelle miniere e oggi si dedica al commercio. ActionAid ha contribuito in modo decisivo anche alla protezione delle ragazze nella nostra comunità, creando un club scolastico contro la violenza di genere. Da quando esiste, i casi di violenza sono diminuiti e sono stati presi provvedimenti contro gli adulti responsabili di abusi” conclude Neneh.
Ogni anno, l’11 ottobre, la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze punta a sensibilizzare sulle sfide che esse affrontano. Il tema 2024 è incentrato sulla visione delle giovani per il futuro e sul potere di una loro partecipazione attiva per garantire uno sviluppo equo per tutti. In linea con questo, ActionAid e Giuseppe Bertuccio D’Angelo, fondatore di Progetto Happiness, lanciano una campagna per ridare un futuro ai bambini e bambine che lavorano nelle miniere. L’obiettivo è sensibilizzare il pubblico attraverso storie visive e narrative, capaci di generare empatia e spingere all’azione.