Voto leadership Partito liberaldemocratico, nove candidati
Roma, 26 set. (askanews) – Sono elezioni dall’esito imprevedibile, quelle che domani si terranno per la leadership del Partito liberaldemocratico giapponese e, di conseguenza, per la premiership nipponica. Elezioni che potrebbero portare anche a un esito storico: la prima donna a capo del governo giapponese nella storia o il leader più giovane della storia. Di certo, si tratta di una partita sulla quale nessuno scommetterebbe uno yen su un possibile cavallo vincente.
Sono nove i candidati che hanno presentato le 20 firme di parlamentari che consentono loro di concorrere alla leadership. Mai se n’erano visti così tanti nell’elezione interna del Jiminto, il nome giapponese del Pld, da quando nel 1972 è stata introdotta questa formula elettorale. Conseguenza della decisione di Fumio Kishida, il premier che dovrebbe lasciare il suo posto all’inizio della prossima settimana, di non concorrere assumendosi la responsabilità del crollo di consensi del partito a causa degli scandali sull’utilizzo irregolare dei fondi politici, che ha portato anche allo scioglimento delle fazioni interne, le onnipotenti “habatsu”.
Proprio questo fatto rende molto difficile capire cosa si stia muovendo nella pancia del partito. Sembra una lotta di tutti contro tutti, il cui esito è totalmente imprevedibile.
I candidati di punta, a dar retta ai sondaggi, sono tre: l’ex ministro della Difesa Shigeru Ishiba, eterno candidato alla leadership; il giovane Shinjiro Koizumi di 43 anni figlio del popolare ex premier Junichiro Koizumi e la nazionalista Sanae Takaichi, ex ministra della rivitalizzazione economica. Se vincesse Takaichi sarebbe la prima donna-premier e se invece prevalesse Koizumi sarebbe il premier più giovane della storia.
Tuttavia i sondaggi in questa corsa lasciano il tempo che trovano: il sistema elettorale premia soprattutto gli equilibri interni rispetto al consenso più generale. La platea dei grandi elettori è formata da 367 parlamentari e 367 membri di base. Se nessuno dei candidati dovesse raggiungere la maggioranza assoluta al primo turno, si terrà un ballottaggio tra i primi due classificati e voteranno i 367 parlamentari e ognuna delle 47 articolazioni territoriali del partito esprimeranno un voto. Il termine per il voto dei membri di base è fissato per oggi e il prossimo capo del PLD sarà selezionato per un mandato di tre anni domani. Il leader sarà poi eletto primo ministro in parlamento, probabilmente il primo ottobre.
Oltre ai tre “favoriti”, sono candidati altri sei esponenti del partito, tutti abbastanza di peso. L’altro under-50 in gara è l’ex ministro per la sicurezza economica Takayuki Kobayashi, che ha 49 anni, ma che non sembra tra i favoriti. L’opzione femminile è rappresentata, oltre che da Takaichi, dall’attuale ministra degli Esteri Yoko Kamikawa, 71 anni, che ha ottenuto le necessarie firme di 20 parlamentari all’ultimo momento ma che proviene dalla fazione più forte del partito.
Ci sono poi il ministro per il Digitale Taro Kono, 61 anni, un politico fuori dagli schemi e molto attivo sui social media; il braccio destro di Kishida ed ex ministro degli Esteri Yoshimasa Hayashi, 63 anni, entrambi al secondo tentativo di diventare leader. Della partita sono anche l’ex ministro della sanità Katsunobu Kato, 68 anni, e l’attuale segretario generale del partito, Toshimitsu Motegi, 68 anni.
Chiunque vinca, una volta diventato primo ministro (fatto sicuro nella prassi nipponica, ma anche perché il Jiminto controlla assieme al partner minore della coalizione, il partito buddista Komeito, i due rami della Dieta), si troverà di fronte a una difficile sfida di governo. Da un lato c’è la complessa partita geopolitica: la crescente assertività cinese, la minaccia nucleare nordcoreana, l’avvicinamento tra Pyongyang e Mosca e le diverse crisi globali. Dall’altro i temi dell’economia interna, con un paese che stenta a riprendere una crescita decisa, tanto che recentemente è stato superato come terza economia del mondo dalla Germania (anche se questo è dovuto soprattutto al gioco dei cambi, con lo yen al minimo storico rispetto all’euro). Accanto a questo, la crisi demografica e una serie di temi sociali rilevanti.
Inoltre, imminente, c’è anche la questione del rapporto con gli Stati uniti, alleato principale che fornisce di fatto la sicurezza del Giappone e che, a sua volta, a novembre andrà alle urne alle presidenziali. Se a Washington dovesse vincere Donald Trump, Tokyo dovrà gestire il rapporto con il ritorno dell’ex presidente alla Casa bianca un po’ come fece il defunto Shinzo Abe al primo mandato del fumantino candidato repubblicano. E tutti i candidati hanno sostanzialmente detto di essere loro quelli in grado di gestire The Donald.