Elaborato durante il congresso sulla mozzarella di bufala
Roma, 25 set. (askanews) – Sarà portato all’attenzione del G7 dell’Agricoltura, in corso a Ortigia, il documento finale della “First International Conference on Buffalo Mozzarella and Milk Products”, condiviso dai rappresentanti delle principali organizzazioni mondiali del settore lattiero-caseario, arrivati da Europa, Usa, Brasile, India e Nuova Zelanda.
Il documento vuole porre un limite “ad attacchi indiscriminati e fake news sulle produzioni agroalimentari, anche di eccellenza; rilancia il No ai cibi artificiali o a base cellulare fatti in laboratorio; invoca un Sì invece a una maggiore trasparenza in etichetta a tutela del consumatore, con l’indicazione obbligatoria per riconoscere i prodotti a base vegetale e utilizzare correttamente i termini latte e formaggio, tema su cui è necessaria una regolamentazione unificata a livello mondiale, unita all’impegno per comunicare i benefici derivanti dai comparti agroalimentari”.
È questa la “road map” per il futuro del settore lattiero-caseario, emersa dalla due giorni congressuale, conclusasi oggi a Napoli, su iniziativa del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop e dell’università “Federico II” di Napoli”. Il congresso internazionale è il preludio del “World Buffalo Congress”, il congresso mondiale sulla bufala, che l’Italia tornerà ad ospitare nel 2026 proprio a Napoli.
Il documento pone l’accento anche sul fatto che i sistemi agroalimentari e in particolare il settore zootecnico sono additati come responsabili di inquinamento e sofferenze per gli animali. Una critica “indistinta guarda ad agricolture profondamente diverse da quella italiana ed europea, dove il contributo alle emissioni è tra i più bassi al mondo e il livello di benessere animale senza dubbio il più elevato”. Infine, il documento mette l’accento sulla richiesta di maggiore trasparenza verso il consumatore, che si estende oltre la questione dei cibi artificiali e coinvolge tutti i prodotti che tentano di imitare quelli zootecnici, “in particolare, l’uso della denominazione latte per le bevande a base vegetale stride con questo bisogno di chiarezza”.