Difesa di Kiev “non deve portare a una guerra mondiale”
Roma, 20 set. (askanews) – La plenaria del Parlamento europeo ha approvato ieri a larga maggioranza, a Strasburgo, una risoluzione che chiede agli Stati membri di togliere le restrizioni esistenti per le forniture di armi e munizioni all’Ucraina, che in certi casi ne impediscono l’uso per attaccare obiettivi in territorio russo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha rivendicato oggi il voto di Forza Italia all’Europarlamento contro l’utilizzo delle armi europee da parte dell’Ucraina in territorio russo e ribadito la posizione dell’Italia.
Parlando a 24 Mattino su Radio 24 Tajani ha chiarito che la difesa dell’indipendenza dell’Ucraina non arriva a essere in guerra con la Russia. “Noi vogliamo aiutare l’Ucraina dal punto di vista militare, finanziario, politico, col sostegno infrastrutturale”, ha detto Tajani e ha precisato: “Ma questo non vuol dire che siamo in guerra con la Russia. Difendiamo l’indipendenza dell’Ucraina, ma non siamo in conflitto con Mosca”. Le armi fornite dall’Italia, insomma “non vanno utilizzate in Russia, perché non siamo in guerra con la Russia”. E ha ricordato che l’obiettivo finale è arrivare a una “conferenza di pace, alla quale deve partecipare anche la Federazione russa”. Tajani ha ribadito che la scelta di dare o meno via libera all’uso in profondità nel territorio russo spetta ai singoli paesi che forniscono le armi, come sancito dai ministri degli Esteri Ue. “Ognuno è libero di trattare con l’Ucraina l’utilizzo delle armi che invia a questo paese”, ha detto ricordando che l’Italia sta per inviare una nuova batteria antiaerea per “proteggere ospedali, scuole, università”. E sta organizzando per il 2025 “la conferenza mondiale per il sostegno all’Ucraina”. “Gli altri Paesi fanno quello che ritengono giusto fare. La politica estera è coordinata a livello europeo, ogni paese decide per sé” ha continuato il ministro, ricordando che “anche gli Usa sono molto prudenti”. La difesa dell’Ucraina, insomma, “non deve portare a una guerra mondiale”, ha chiarito Tajani, ma l’aiuto a Kiev “dovrebbe portare a una pace giusta”. Che, per quanto riguarda l’Italia, “dovrebbe” preservare l’integrità del territorio ucraino, ma alla fine “spetterà all’Ucraina decidere per un accordo”. Ma cosa stabilisce la risoluzione approvata dall’Europarlamento? Il paragrafo 8 della risoluzione “invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo, in quanto ciò ostacola la capacità dell’Ucraina di esercitare pienamente il suo diritto all’autodifesa ai sensi del diritto pubblico internazionale e lascia l’Ucraina esposta ad attacchi contro la sua popolazione e le sue infrastrutture”. Un emendamento specifico per confermare questo paragrafo è stato approvato 377 voti a favore, 191 contrari e 51 astenuti. Nel paragrafo successivo (il numero 9), la risoluzione “sottolinea che le forniture insufficienti di munizioni e armi e le restrizioni al loro utilizzo rischiano di compromettere gli sforzi compiuti finora”. Il Parlamento europeo “deplora profondamente la riduzione del volume finanziario degli aiuti militari bilaterali all’Ucraina da parte degli Stati membri, nonostante le energiche dichiarazioni rilasciate all’inizio dell’anno in corso; ribadisce pertanto il suo invito agli Stati membri a rispettare l’impegno assunto nel marzo 2023 di consegnare un milione di munizioni all’Ucraina”, e chiede “di accelerare le forniture di armi, in particolare di moderni sistemi di difesa aerea e altri tipi di armi e munizioni, compresi i missili Taurus, in risposta a necessità chiaramente individuate”. Gli eurodeputati chiedono inoltre “la rapida attuazione degli impegni congiunti in materia di sicurezza contratti tra l’Ue e l’Ucraina”. Il Parlamento europeo, infine, “ribadisce la sua posizione secondo cui tutti gli Stati membri dell’Ue e gli alleati della Nato dovrebbero impegnarsi collettivamente e individualmente a fornire sostegno militare all’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro Pil annuale.