Per Fi il nome resta quello di Agens. Fdi evoca lo show down: avanti anche senza accordo in Vigilanza
Roma, 11 set. (askanews) – La nuova data è quella concordata nell’ultimo vertice dei leader di maggioranza di lunedì. Le capigruppo di Camere e Senato l’hanno ufficializzata, rendendo effettivo quel rinvio di due settimane che ormai appariva scontato. Dunque, giovedì 26 settembre i due rami del Parlamento sono convocati per l’elezione dei quattro componenti – due ciascuno – del consiglio di amministrazione della Rai. Una accelerazione voluta in primo luogo dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni che, a chi nel suo partito si sta occupando della pratica, ha affidato un messaggio chiaro: basta rinvii. D’altra parte, fosse stato per lei, la questione si sarebbe chiusa ancora prima che deputati e senatori partissero per le ferie.
Ma i problemi che hanno bloccato finora l’avvio dell’iter di rinnovo del Consiglio di amministrazione della tv di Stato, in realtà, restano intatti e hanno a che fare tanto con gli equilibri interni alla maggioranza quanto con il rapporto con l’opposizione. La stessa deadline del 26 settembre viene vissuta diversamente dalle forze della coalizione di governo. Perentoria per Fratelli d’Italia, ancora passibile di slittamenti per Forza Italia che deve gestire il problema più intricato: ovvero il voto sulla sua candidata presidente, Simona Agnes, in commissione di Vigilanza dove sono necessari i due terzi dei consensi e dove quindi si impone la necessità di uscire fuori dai confini della maggioranza. Non a caso, infatti, tra gli alleati alcuni leggono il diktat della presidente del Consiglio più come un modo per mettere pressione che non come una chiamata alle armi.
Nel vertice di lunedì, infatti, una delle ipotesi prese in considerazione era proprio quella che gli azzurri rinunciassero alla loro candidata a favore di un nome di garanzia, che potesse ‘ammiccare’ all’opposizione. Formalmente Forza Italia continua a dire che su Agnes non si fanno passi indietro, ma chi si occupa della trattativa per conto di Meloni è convinto che il vero obiettivo sia ottenere una compensazione soddisfacente tra le varie direzioni che dovranno essere segnate successivamente. A sua volta, sul piatto resta la richiesta della Lega di avere in quota il direttore generale (figura facoltativa).
Se questo è lo stallo di partenza, dentro Fratelli d’Italia chi insiste sulla indisponibilità a ulteriori rinvii spiega che ci sono a questo punto due scenari. Il primo è, appunto, che Forza Italia rinunci al suo candidato per aprire una trattativa su una personalità di garanzia come presidente (tra i vari nomi circolati anche De Bortoli o Gabanelli). Da qui le due settimane supplementari.
Le opposizioni, tuttavia, solo ieri hanno ribadito in una nota unitaria di essere “indisponibili” al rinnovo del cda “in assenza della riforma della governance”. “Loro continuano a parlare di posti mentre noi parliamo di politica e ci aspettiamo un segnale sul recepimento del media Freedom act nel nostro Paese”, sintetizza Stefano Graziano del Pd. “Chi dovesse smarcarsi da questa posizione ribadita con ben due comunicati – spiega poi un parlamentare di opposizione – assumerebbe su di sé un carico politico difficile da portare. Quindi è inutile che dalla maggioranza continuino a chiamare i vari membri della commissione per convincerli”.
L’altro scenario, invece, è quello dello scontro frontale. Ossia, procedere il 26 settembre alla nomina dei consiglieri di amministrazione di espressione del Parlamento, nel frattempo a cose fatte tentare un’ultima quadratura del cerchio in Vigilanza e in alternativa andare avanti lo stesso.
“Forse l’opposizione – osserva un esponente di spicco della maggioranza – dimentica che la Rai è una Spa”. Ergo, una soluzione ci sarebbe anche in caso di bocciatura perché il ruolo di presidente andrebbe al consigliere più anziano. Lo show down è però una prospettiva che Forza Italia vorrebbe evitare, ed ecco perché la questione continua ad essere anche interna alla coalizione di governo. C’è poi un’altra provocazione che arriva alla minoranza che minaccia l’aventino in Vigilanza: “Voglio proprio vedere se lo fanno anche quando dovranno votare i loro consiglieri o se a quel voto parteciperanno, Non è una differenza da poco”.