Incontro con la Leone d’oro, italiana che vive a Stoccolma
Venezia, 23 lug. (askanews) – Cristina Caprioli è una coreografa che ha influito “in modo silenzioso, ma sostanziale, su svariate generazioni” di danzatori. Anche per questo motivo è stata premiata con il Leone d’oro alla carriera della Biennale Danza 2024 di Venezia. Secondo il direttore artistico Wayne McGregor il lavoro di Caprioli, nata e formatasi in Italia, ma ora basata a Stoccolma in Svezia, svela “l’eccezionale qualità e integrità di un processo creativo a tutto tondo”. E porta con sé una forte componente di pensiero. L’abbiamo incontrata pochi minuti prima della cerimonia per la consegna del Leone d’oro. “Secondo me la danza – ha detto ad askanews – porta al ragionamento, al pensiero, ti apre la porte e finestre verso un pensiero critico, un pensiero politico e alla poetica”.
Tra gli spettacoli portati in Biennale quest’anno c’è “Deadlock”, storia di fantasmi che si risolve in una “fuga nell’indisciplinato”, all’insegna di una “coreografia spericolata” che genera una danza che è anche emozione estetica. “La danza è senz’altro qualcosa che, secondo me ha valore in sé, è fine a se stessa e ha valore in sé – ha aggiunto Cristina Caprioli – però questo valore viene in vita, vive solo quando è in scambio con, non dico con il pubblico, proprio con l’altro, non tanto come spettacolo, ma proprio come scambio sia tattile e fisico, e anche di poetica e di pensiero”.
Secondo la coreografa il corpo umano è “portatore di cultura, capace di linguaggio articolato e ragionamento astratto”, per questo lo pone al centro del proprio lavoro. Ed è anche un corpo politico, oggi più che mai. “È un momento molto difficile – ha concluso l’artista – vorrei dire e io penso che la danza può contribuire, non intendo dire che la danza riesce a cambiare le cose, il mondo è quello che è, però se tu ti dedichi alla danza, oppure se ricevi la danza, avrai delle sensazioni che possono informare il resto della tua vita, a livello di sistema di convivenza, civile ma anche spirituale”.
Una spiritualità profonda, concreta e corporea, che sembra attraversare, come un’idea ribelle e affascinante, tutta la Biennale Danza.