La banca centrale si riunirà a luglio

Roma, 21 giu. (askanews) – L’aumento dell’inflazione rilevato oggi per il mese di maggio in Giappone potrebbe incidere sulle decisioni che sarà chiamata a prendere la Banca del Giappone (BoJ) nella prossima riunione del Consiglio monetario sui tassi.

Il ministero dell’Interno nipponico ha comunicato oggi che nel mese di aprile l’indice dei prezzi al consumo – che non tiene conto degli alimentari freschi – è cresciuto su base annuo del 2,5% rispetto al 2,2% di aprile. Un’accelerazione che è stata spiegata principalmente dagli andamenti dei prezzi dell’elettricità e del gas.

Si tratta di elementi congiunturali, dal punto di vista di Tokyo, che che vanno a inserirsi in un momento importante per la politica monetaria della banca centrale. In questi anni in cui le principali economie del mondo hanno dovuto affrontare una situazione di alti tassi d’interesse per contrastare l’inflazione, il Giappone ha mantenuto la sua politica di tassi zero con l’obiettivo di uscire dalla pluridecennale fase disinflazionistica e puntare al target del 2%.

A marzo di quest’anno la BoJ ha alzato i tassi di riferimento in maniera piuttosto prudente, dopo 17 anni di tassi negativi. Questo anche per fermare la corsa al ribasso dello yen, che è arrivato a scendere sotto quota 160 rispetto al dollaro e ancora oggi risultate oscillante in prossimità di quel livello che è iul più basso da circa un trentennio a questa parte. E questo dopo che il governo, apparentemente, è intervenuto sul mercato recentemente per sostenere la valuta nipponica.

Uno yen basso da un lato favorisce le esportazioni giapponesi, ma nello stesso tempo mette in difficoltà rispetto all’acquisto delle materie prime necessarie, di cui il Giappone è povero.

La prossima decisione sui tassi d’interesse è prevista per il 30 luglio. Attualmente il tasso giapponese è fissato a 0-0,10%. Venerdì la BoJ ha anunciato che inizierà a tagliare i suoi acquisti di obbligazioni e annuncerà un piano dettagliato il prossimo mese per ridurre il suo bilancio di quasi 4.700 miliardi di euro, in quello che è considerato un ulteriore passo verso la riduzione del suo massiccio stimolo monetario.

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