Si è inginocchiato di fronte a “Giuditta e Oloferne”

Milano, 20 giu. (askanews) – L’azione di Daniele Radini Tedeschi (critico d’arte e scrittore) si è svolta oggi, a Palazzo Barberini in Roma davanti l’opera di Caravaggio dal titolo “Giuditta e Oloferne” (dipinto a olio su tela realizzato circa nel 1602 dal sommo pittore italiano). L’intellettuale si è inginocchiato davanti ai visitatori che incuriositi ne ascoltavano le parole destinate a descrivere le emozioni di quel momento: “In questo quadro c’è una donna che rifiuta il ruolo di vittima, si chiama Giuditta e lei riesce a reagire ad un tiranno, il condottiero Oloferne. Da sola, trova la forza di decapitare l’oppressore suo e del suo popolo, dando così un futuro a se stessa e agli altri. Caravaggio va all’osso della vicenda, ci fa vivere il momento fatidico in cui inizia la libertà dalla violenza, la libertà dalla persecuzione. Nel quadro c’è tutto, inizio e fine, luce e ombra. E solo ora, dopo una vita intera, Oloferne si accorge, con lo sguardo scioccato, che la luce non è solo per gli uomini ma anche per le donne”. Daniele Radini Tedeschi è tra gli studiosi del Merisi avendo pubblicato ben due monografie di cui una nel 2011 “Caravaggio. Il corpus filologico completo indagato attraverso simboli e ideali” e poi quella del 2012 “Caravaggio o della Vulgata”.

“La contemplazione di un’opera può portare a una forte commozione, persino a inginocchiarsi vedendo in essa un’icona. In questo tempo piegato alla logica dell’utile e del profitto certi gesti vengono giudicati estremi o folli, semplicemente perché si è perso il senso profondo della vita. Guardare un’opera – come questa di Caravaggio – richiede una sorta di iniziazione, un’educazione dello spirito a ideali di grandezza, amore e eternità; significa non ridurla a prodotto, non subordinarla all’interesse. A tal proposito Carlo Levi diceva: “Se gli occhi guardano con amore, se amore guarda, essi vedono”, così dovrebbe essere percepito il nostro patrimonio culturale, considerandone la fragilità e al contempo la grande forza consolatoria del vivere. Allora l’arte può cambiare la vita di un paese, di una Nazione intera, anche laddove né politica, né religione riescano ma a patto che coinvolga direttamente il riguardante, la sua esperienza di abbandono e quindi la sua salvezza. Da ora in poi mi inginocchierò sempre davanti alle opere sperando che questo gesto sia a beneficio di tutti coloro che vedono in un luogo d’arte lo scenario di turismo, intrattenimento o vandalismo” (Daniele Radini Tedeschi)

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