Ma gli Stati membri sono divisi, la Germania contraria

Roma, 12 giu. (askanews) – La Commissione Ue uscente potrebbe spingere per dazi pesanti nei confronti delle importazioni di auto elettriche cinesi, sulla base dell’indagine relativa ai sussidi forniti da Pechino ai suoi produttori che verrà esposta oggi, ma non così scioccanti come quelli imposti dall’Amministrazione Biden negli Usa, che li ha sostanzialmente portati al 100%.

Secondo il Financial Times, la Commissione europea potrebbe oggi notificare ai produttori che applicherà un dazi aggiuntivi per il 25% – in più rispetto alle attuali tariffe del 10% – sulle auto elettriche importate dal prossimo mese, perché le case cinesi assegnano sussidi in grado di vulnerare la competitività delle aziende europee e favorire fortemente quelle cinesi. Se così fosse, nelle casse dei paesi europei arriverebbero qualcosa come 2 miliardi di euro all’anno.

Si tratta di un provvedimento che vede aprirsi delle linee di frattura tra settori industriali e tra Stati membri dell’Europa. Mentre, per esempio, Francia e Spagna sono favorevoli all provvedimento, non la pensano così Svezia, Ungheria e, soprattutto, la Germania, che è un esportatore di auto verso la Cina e che teme le annunciate misure di rappresaglia da parte di Pechino. Attualmente la Cina applica un dazio del 15% sulle auto elettriche europee esportate nella Repubblica popolare. Mentre i grandi produttori di auto elettriche cinesi hanno visto aumentare fortemente la loro quota di mercarto in Europa, che arriva a solleticare la soglia del 10%. Si tratta di 10 miliardi di euro nel 2023, secondo quanto scrive FT citando analisti di Rhodium Group.

La Camera di commercio cinese nell’Ue ha espresso recentemente, in seguito alla visita del ministro del Commercio cinese Wang Wentao in diversi paesi europei, la preoccupazione per il “crescente protezionismo”, con specifico riferimento all’indagine anti-sussidi sulle auto elettriche e all’applicazione delle nuove regole sulla concorrenza. Wang ha respinto le accuse Ue e ha chiesto una “giusta competizione” basata “sull’auto-miglioramento, e non sul minare gli altri, sul promuovere l’apertura, la cooperazione e il beneficio reciproco invece di escludere gli altri e costruire circoletti”. Anche il mondo imprenditoriale è piuttosto diviso. Mentre alcuni settori industriali segnalano l’asimmetria tra Europa e Cina, con Pechino che favorisce i suoi produttori, molti produttori di auto europei hanno espresso contrarietà al piano che rischia di danneggiare il loro export verso la Cina.

L’esposizione dell’industria automobilistica tedesca ha spinto il cancelliere tedesco Olaf Scholz a schierarsi contro i dazi. Mentre il governo svedese è sul fronte contrario perché una delle principali industrie del paese, la Volvo, è di proprietà di una casa automobilistica cinese, Geely. Per quanto riguarda l’Ungheria di Viktor Orban, c’è un interesse di Budapest ad attirare investimenti da parte delle case automobilistiche cinesi. Esplicitamente a favore sono invece Francia e Spagna. La partita dovrebbe giocarsi nei prossimi mesi, quando gli stati membri saranno chiamati a votare per dazi definitivi, che avrebbero una durata quinquennale.

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