“Come per quello del 2016, non escludiamo il ricorso al TAR”
Roma, 2 mag. (askanews) – “Il ricorso al TAR l’abbiamo fatto contro il decreto appropriatezza di Beatrice Lorenzin, poi sospeso visto il ritiro e l’approvazione del decreto LEA; nulla ci vieta di farlo anche contro il decreto Schillaci. Dobbiamo solo attendere che venga pubblicato, con le premesse che abbiamo letto. Perché se sono davvero queste, allora significa che abbiamo lavorato più di 20 anni invano”. Sono le prime parole del presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, dopo aver letto le anticipazioni di stampa sulle nuove regole prescrittive, con codici e burocrazia, per i medici di famiglia e specialisti, “utilizzando parole acchiappa-consenso come diminuzione delle liste d’attesa e limitazione della medicina difensiva”.
“Si parla di appropriatezza prescrittiva da molti decenni – spiega Rossi -. Già negli anni Novanta diventata materia di approfondimento universitario. Ciò che lascia esterrefatti è che si dica ancora che i medici si debbano ‘familiarizzare’ con questo tipo di logica. Peraltro, un costosissimo carrozzone di enti di controllo è impegnato ogni giorno a verificare le prescrizioni di farmaci e di esami, che giunge fino alla Corte dei Conti. Dunque, se c’è chi conosce alla perfezione queste regole sono proprio i medici del SSN, di famiglia e specialisti. Dire dunque che i medici debbano imparare a conoscere queste regole è prima di tutto un obbrobrio storico, totalmente inaccettabile, al limite dell’insulto”.
Nel 2016 il Ministro Beatrice Lorenzin predispose un decreto sull’appropriatezza dal taglio esclusivamente economico, con molti errori e senza alcuna condivisione con gli Ordini dei Medici o le associazioni di categoria. Come allora anche oggi si parla nuovamente di limitare le prescrizioni, ma con altre motivazioni: ridurre le liste d’attesa e limitare la medicina difensiva. Ma in realtà sempre di soldi si tratta. “Contro il decreto Lorenzin ci fu una forte levata di scudi e, come OMCEOMI, facemmo infatti ricorso al TAR – aggiunge Rossi -. Ma dopo un anno, il decreto venne sostituito dal decreto sui LEA che correggeva pesantemente il vecchio decreto, lo metteva sotto altra luce, decisamente più corretta, con indicazioni condivise da tutti, dando dunque ragione all’Ordine dei Medici di Milano”.
Oggi la situazione è molto simile. “Pensare di ridurre le liste d’attesa con un decreto che va a misurare la prescrizione dei medici, è una contraddizione di termini. Una sciocchezza – spiega Rossi -. Ma c’è di più: il decreto vuole anche aumentare gli oneri di carattere burocratico. Perché teoricamente d’ora in avanti i medici dovrebbero inserire nel quesito diagnostico che ogni medico già prepara (è persino insultante dire che lo deve fare) anche dei codici, dei numeretti che fanno riferimento a tabelle preimpostate (ICD 9 – CM). Ma è impossibile far rientrare in un codice una patologia o un sintomo specifici: l’essere umano ha comunque sempre una sua complessità. Questa è una assurdità che va condannata ed evitata con ogni mezzo. Non solo perché aumenterà in modo inaudito il carico burocratico dei medici, ma anche il rischio di errore causato da migliaia di codici specifici. Senza contare che aumenterà l’attesa dei pazienti, le lamentele, le code…. E le aggressioni e le minacce, verbali e fisiche, già sempre più all’ordine del giorno. Tutto ciò si ridurrà insomma ad una enorme gigantesca marea di tempo perso e tolto al paziente”.
Il problema delle liste d’attesa è reale. “È un problema fisiologico legato all’essenza dell’essere umano – precisa Rossi -: nessuno, ovviamente, vuole ammalarsi e morire. Ciò porta il cittadino, il paziente, a cercare di fare tutti gli esami possibili per evitare e prevenire ogni tipo di malattia: ‘Mi faccia fare un checkup completo’ è la frase classica di chi, anche in ottima salute o con sintomi risibili, si rivolge al proprio medico. Ma questo è problema di tipo educazionale, dovrebbe essere insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado. Serve un’azione corretta sulla appropriatezza prescrittiva: insegnare ai cittadini e futuri cittadini il corretto utilizzo del SSN. Accettando anche le indicazioni del medico, quando dice che un esame non è necessario”. “A questo proposito, giudico, di nuovo, sostanzialmente nulla l’azione di questo emanando decreto sulla così detta medicina difensiva. Anche qui la prima cosa da fare è garantire al medico la protezione necessaria per le decisioni che prende – continua Rossi -. Perché quando accade qualcosa a un paziente, viene immediatamente attribuita la responsabilità al medico e subito si pensa ad intentare un’azione legale. L’educazione sanitaria ai cittadini deve comprendere anche questo punto. Un medico non è uno sciamano in grado di prevedere il futuro”.