Segnalati 1071 extravergini di qualità nonostante annata difficile
Roma, 10 apr. (askanews) – Torna la Guida agli Extravergini di Slow Food Italia nell’edizione 2024: segnalati in guida 1071 extravergini di qualità nonostante l’annata sia stata difficile. In attesa della presentazione, che si terrà al Museo Maxxi di Roma il 20 aprile alle 10, due anteprime. La prima è il debutto del Piemonte: un territorio che, nonostante l’annata caratterizzata da grandinate violente, piogge intense e siccità, è riuscito a esprimere una piccola selezione di produttori in grado di fare qualità. L’altra è lo sconfinamento per provare a capire che cosa succede nelle zone del Canton Ticino e della Slovenia, contigue e in continuo scambio con le aree olivicole dei laghi lombardi e del Carso.
“Le parole chiave che definiscono la stagione appena conclusa – spiega Francesca Baldereschi, curatrice della Guida – sono siccità e cambiamento climatico, riflesso delle rilevanti problematiche affrontate dall’olivicoltura italiana nell’ultimo anno e delle preoccupazioni per il futuro. È essenziale affrontare queste sfide preservando la qualità, promuovendo la biodiversità autoctona e adottando pratiche sostenibili”.
Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, spiega: “da anni Slow Food si impegna a valorizzare e conservare il patrimonio olivicolo dell’Italia: sostenendo e dando voce a chi fa colture a ombrello e si prende cura del suolo, adottando inerbimenti mirati per contenere l’uso dell’acqua, salvaguardare la terra e continuare a plasmare il paesaggio. Per Slow Food, l’olio è un elemento importante perchè alimento quotidiano, perchè essenziale nel disegnare la nostra cultura gestronomica e nel contribuire alla salubrità della nostra dieta”.
Nonostante questo, l’olivicoltura agricola vive un momento complicato: crisi climatica, alti costi di produzioni e di tutte le attività correlate (trasporti, elettricità, frantoi), omologazione dei mercati, mancanza di personale e commercio di oli di dubbia origine. Per citare solo alcune criticità responsabili, tra l’altro, del fenomeno dell’abbandono degli oliveti e della gestione ridotta al minimo, che comportano produzioni molto basse, nettamente al di sotto del potenziale dell’uliveto.
Oggi, nella nostra penisola, secondo i dati di Italia Olivicola, almeno 200.000 ettari di oliveti sono in stato di totale abbandono e oltre 300.000 sono gestiti con pratiche di puro mantenimento.