Leader vuole cambiamento, la reazione: “Non decida da sola”
Roma, 8 apr. (askanews) – Prima le discussioni sulle liste per le europee, poi le storiacce pugliesi e piemontesi che hanno permesso a Giuseppe Conte di infierire sul Pd: troppo per la segretaria Elly Schlein, tanto più alla vigilia di una cruciale campagna elettorale per europee e amministrative. La leader democratica non vuole che vicende opache e discussioni interne compromettano il suo sforzo “testardamente unitario” che punta a costruire la coalizione alternativa “alla destra” e per questo – su Repubblica – mette nel mirino le correnti, rilanciando ragionamenti che già da giorni aveva consegnato a chi aveva parlato con lei. Ma l’offensiva della leader Pd scatena la reazione irritata di buona parte del partito e – come accaduto durante la segreteria sulle liste per le europee – non è solo la minoranza a farsi sentire. Perché dire “sulle liste decido io” come riporta Repubblica è qualcosa che fa saltare sulla sedia anche molti di coloro che l’hanno sostenuta.
Le discussioni sulle candidature avevano infastidito Schlein, già la scorsa settimana nei colloqui riservati si era lamentata per i nomi fatti filtrare a suo giudizio solo per finire sui giornali e creare caos, e aveva avvertito che sbagliava i calcoli chi pensava di poter condizionare in questo modo la composizione delle liste. I “caminetti” con i leader, aveva assicurato, con lei non torneranno in auge, la strada del “cambiamento” è quella che è stata scelta alle primarie e non verrà abbandonata.
Un ragionamento esposto anche in pubblico a ‘Porta a porta, molto nettamente, mercoledì scorso: “Aprire il partito è un nostro obiettivo da quando sono stata eletta alla segreteria. Alle primarie ci hanno dato questo mandato perché si vuole ricucire delle fratture che in questi anni si erano prodotte perché tante persone non avevano riconosciuto più nel Pd il punto di riferimento nella costruzione di un’alternativa a sinistra”.
Ma un conto è “aprire” il partito alla società civile, altra cosa – come temono in tanti – è considerare il ‘vecchio Pd’ una sorta di ‘bad company’ da rifondare completamente attingendo all’esterno. Tanto più se l’affondo contro le correnti viene associato alla presunta compravendita di voti in Puglia e alla vicenda piemontese. “Le correnti non c’entrano niente”, dice un esponente della sinistra che sostiene la segreteria. “E’ un’analisi sbagliata”. Giudizio condiviso anche dalla minoranza, che in più contesta un atteggiamento troppo arrendevole di fronte ai colpi bassi di Giuseppe Conte. “Leggere di Conte che ingiunge a Elly Schlein di ‘trasformare il Pd’ – pena ‘lasciarsi trasformare dal vecchio Pd’- mi fa davvero arrabbiare. Come si permette? Il Pd è fatto da migliaia di donne e uomini per bene. Un partito con un minimo di spina dorsale non dovrebbe consentire a nessuno di parlare così”.
Una delle voci più nette è quella di Pina Picierno, vice-presidente del Parlamento europeo, che con la composizione delle liste che si va delineando vede a rischio la propria rielezione: “Tutto serve, tranne che usare la questione morale come una clava per dire ‘ok, ora comando io’. Tutto serve tranne che usare questo casino per rinchiudersi nella torre d’avorio della propria superiorità morale per poi decidere in solitudine”. Stefano Bonaccini rimane molto prudente, troppo secondo molti della sua area, e si limita a dire: “Il Pd deve tenere la schiena dritta e la testa alta”. E sulle candidature aggiunge: “Non posso non essere d’accordo con Elly Schlein quando dice che non devono essere le correnti a decidere. L’importante è che decidiamo insieme proprio per la pluralità di cui il Partito democratico ha bisogno”.
Ma anche Gianni Cuperlo, che pur non essendo parte della maggioranza è collocato a sinistra del Pd, non intende accettare “lezioni di moralità dal Movimento 5 stelle” e considera sbagliato “additare aree culturali e correnti come la fonte di ogni regressione etica”. Tanto più che, aggiunge, il problema sono semmai i “notabilati locali e nazionali capaci di transitare da una stagione alla successiva senza un battito di ciglia”.
Pensieri che sono abbastanza simili a quelli che si ascoltano in buona parte della stessa sinistra Pd. Se la rivolta ‘anti-Conte della minoranza non è condivisa dalla sinistra che sostiene la segretaria (“Con Conte siamo alleati nel 70% dei Comuni, e dobbiamo esserlo”), è però vero che il timore di un Pd via via affidato solo agli esterni non piace troppo, non è vista di buon occhio l’idea di ‘appaltare quasi esclusivamente a candidati della società civile la rappresentanza alle idee più progressiste. In questo caso, però, Schlein sembra accogliere le preoccupazioni con la richiesta ad Andrea Orlando di candidarsi nel nord-ovest. E, comunque, “il ragionamento sulle correnti non c’entra niente con quello che è successo in Puglia e in Piemonte”.
Di certo il clima è teso e la leader Pd avrà molto da fare nei prossimi giorni per preparare la direzione che – tra il 15 e il 20 aprile – dovrà dare il via libera alle liste. Anche perché, come ricorda un parlamentare della minoranza “le liste le vota la direzione”. Un modo per sottolineare che le prove di forza possono funzionare fino a un certo punto. Ma già ora, sottolinea un deputato della sinistra, “possiamo dire che la segreteria un risultato lo raggiungerà: adesso a Bruxelles gli eletti sono in larga maggioranza esponenti dell’area Bonaccini. Dopo il 10 giugno non sarà più così”.