Al centro della polemica, la vicenda dei giapponesi rapiti
Roma, 26 mar. (askanews) – L’influente sorella del leader nordcoreano Kim Jong Un è tornata oggi sulla richiesta d’incontro da parte del primo ministro giapponese Fumio Kishida con il numero uno di Pyongyang, annunciando che la Corea del Nord rifiuterà “qualsiasi contatto o negoziazione” con il Giappone.
Ieri Kim Yo Jong aveva confermato che Kishida ha chiesto un incontro col fratello, dopo che lo scorso anno il premier nipponico aveva già confermato di essere disposto a incontrare Kim “senza condizioni”. In particolare, l’obiettivo di Tokyo è quello di avere notizie su alcuni cittadini nipponici rapiti negli anni ’70-’80, che Pyongyang sostiene essere ormai morti.
Le dichiarazioni di ieri della sorella di Kim avevano fatto sperare che da parte nordcoreana si potesse aprire uno spiraglio, ma oggi la donna è di nuovo intervenuta puntando il dito contro la parte giapponese.
“Lunedì pomeriggio, nella conferenza stampa del capo del gabinetto, la parte giapponese ha chiarito che non potrà mai accettare che la questione dei rapimenti sia stata risolta”, ha detto Kim Yo Jong in un comunicato pubblicato dall’agenzia di stampa ufficiale KCNA.
Il Giappone – ha detto ancora – “non ha il coraggio di cambiare la storia, promuovere la pace e la stabilità regionale e fare il primo passo per rinnovare le relazioni”.
La Corea del Nord – ha accusato Kim Yo Jong – “ha compreso chiaramente ancora una volta l’atteggiamento del Giappone e, di conseguenza, la Corea del Nord non presterà attenzione e rifiuterà qualsiasi contatto e negoziazione con la parte giapponese”,.
La Corea del Nord ha ammesso nel 2002 di aver inviato agenti per rapire 13 giapponesi negli anni ’70 e ’80, che venivano utilizzati per addestrare spie sulla lingua e sui costumi giapponesi o anche a scopi matrimoniali.
I rapimenti rimangono una questione particolarmente sentita in Giapone, a partire dalla drammatica vicenda di Megumi Yokota, rapita nel 1978 a 13 anni.