Più Flessibilità su riuso o riciclo e su vigilanza catena valore

Roma, 15 mar. (askanews) – L’approvazione, oggi a Bruxelles di due importanti normative europee del Green Deal, da parte del Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri presso l’Ue (Coreper), è il risultato di un negoziato serrato e molto complesso, svolto su più tavoli negli ultimi mesi, che ha avuto tra i suoi maggiori protagonisti la Germania e l’Italia, non solo intesa come governo (con i suoi ministri, e tecnici e diplomatici a Bruxelles), ma anche come “squadra”, da parte dei gruppi d’interesse e della maggioranza degli europarlamentari nazionali, come che ha riconosciuto anche la premier Giorgia Meloni.

Il Coreper oggi ha approvato prima all’unanimità il testo di compromesso finale sul Regolamento Ue sugli imballaggi e rifiuti da imballaggi (con Malta e Austria che hanno posto una riservaádiáscrutinio), e poi a maggioranza qualificata un testo di compromesso, fortemente modificato, sulla Direttiva sul “dovere di diligenza” riguardo alla sostenibilità delle imprese (“Corporate Sustainability Due Diligence”). In quest’ultimo caso, si sono astenute Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Bulgaria, Slovacchia e Lituania, mentre Svezia e Austria hanno posto una riserva di scrutinio.

Il regolamento imballaggi introduce obiettivi generali di riduzione della produzione di rifiuti da imballaggi (il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040, rispetto al 2019) e nuovi obiettivi di riuso, oltre a quelli per il riciclo, per facilitare questa riduzione. Inoltre, dispone che (quasi) tutti gli imballaggi siano riciclabili, o che contengano percentuali minime di materiale riciclato, e vieta una serie di prodotti e materiali monouso.

La direttiva sul “dovere di diligenza” impone alla grandi aziende europee (definite a partire da una doppia soglia, su addetti e fatturato) degli obblighi di vigilanza sul rispetto delle convenzioni internazionali in campo ambientale e dei diritti umani, sociali e del lavoro lungo tutta la loro catena del valore, a monte e in parte anche a valle della produzione. Le due normative non sono formalmente collegate tra loro, ma sono state oggetto di “uno scambio di favori” tra Italia e Germania durante il negoziato in Consiglio Ue, secondo quanto hanno riportato nelle ultime settimane varie fonti a Bruxelles.

L’Italia, che aveva votato a favore della proposta sulla “due diligence” al momento dell’approvazione della posizione negoziale del Consiglio Ue, ha offerto il suo appoggio alla Germania (in realtà alla componente liberale della coalizione di governo tedesca) per indebolire il testo della direttiva, dopo che era già stato raggiunto un accordo provvisorio nel negoziato (“trilogo”) con il Parlamento europeo, il 14 dicembre scorso,.

L’astensione italiana (insieme a quella tedesca e di alcuni altri paesi più piccoli) al primo tentativo del Coreper di approvare l’accordo provvisorio, il 9 febbraio scorso, ha fatto mancare la maggioranza qualificata necessaria, e rimesso il testo in discussione. La presidenza di turno belga del Consiglio Ue ha intrapreso allora un tentativo di adattamento del testo per un nuovo compromesso. L’accordo di oggi in Coreper (dopo un altro tentativo non riuscito il 28 febbraio), ha modificato pesantemente (come volevano i tedeschi) il testo della direttiva rispetto all’accordo in “trilogo”.

In particolare, le due soglie per l’applicabilità della direttiva alle imprese, che già escludevano le Pmi, sono passate da 500 a 1.000 addetti e da 150 a 450 milioni di euro di fatturato annuale.

Secondo il Wwf, queste nuove soglie eliminano dal campo di applicazione della direttiva quasi il 70% delle imprese originariamente previste; la Ong “Global Witness”, da parte sua, stima che le imprese interessate dalla direttiva sarebbero ora ridotte a 5.400, rispetto alle 16.000 previste in base all’accordo in trilogo di dicembre. Da notare che, secondo i criteri dell’Ue, le Pmi sono definite come le imprese che hanno un personale inferiore alle 250 unità e un fatturato annuale inferiore a 50 milioni di euro. Va notato anche che in Italia le posizioni del mondo produttivo non erano univoche sulla “due diligence”: Confindustria aveva chiesto al governo di astenersi (come effettivamente è successo), mentre altre associazioni (la Lega Cooperative, la Cna, l’Associazione delle Industrie di Marca, di cui fanno parte Barilla e Lavazza), e altre grandi aziende, come Ferrero, Eni e Pirelli, sostenevano la direttiva.

In cambio della sua astensione strumentale sulla “due diligence”, l’Italia ha chiesto alla Germania di contribuire all’ammorbidimento delle posizioni del Consiglio Ue sul regolamento imballaggi; posizioni che, per una volta, erano molto più “ambientaliste” di quelle del Parlamento europeo.

L’Assemblea di Strasburgo, infatti, sotto la pressione dei gruppi d’interesse e della grande maggioranza degli eurodeputati italiani, aveva chiesto obiettivi per il riuso inferiori a quelli originariamente previsti, con varie deroghe, ed eliminato gran parte dei divieti di imballaggi monouso. Ma il Consiglio, nella sua posizione negoziale prima del trilogo, aveva ristabilito obiettivi più stringenti per il riuso e ripristinato i divieti per gli imballaggi monouso.

Alla fine, si è arrivati a un accordo in trilogo, il 4 marzo scorso, in cui (con l’appoggio tedesco) sono state accolte alcune delle richieste più importanti dell’Italia, e poi all’approvazione finale del Coreper di oggi, che ha confermato quell’accordo, con alcune modifiche minori.

Come ha rivendicato oggi il governo italiano, il testo lascia più flessibilità agli Stati e agli operatori nella scelta delle misure (riuso o riciclo) per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei rifiuti da imballaggi. L’Italia ha ottenuto, inoltre, che si possa continuare a utilizzare alcuni tipi di imballaggi monouso riciclabili (come le bustine di carta e le plastiche compostabili) per i prodotti alimentari e per il settore della ristorazione (in particolare per i cibi da asporto e per il fast-food).

Un altro elemento importante dell’accordo in trilogo che è stato confermato e chiarito riguarda la “clausola specchio”, secondo cui anche gli imballaggi importati nell’Ue dovranno rispettare le norme comunitarie sulle percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato. Questo permetterà all’industria europea del settore del riciclo (che vede le imprese italiane in prima linea) di non subire una concorrenza sleale da parte delle aziende extraeuropee.

Le due decisioni del Coreper di oggi non sono ancora definitive, e potrebbero avere una sorte diversa. Per gli imballaggi, dove le modifiche dell’ultima ora sono poco rilevanti rispetto al testo dell’accordo in trilogo, non dovrebbero esserci problemi ad avere l’approvazione definitiva del regolamento da parte del Parlamento europeo entro aprile (il punto è già previsto nell’agenda dell’ultima plenaria, giusto prima dello scioglimento dell’Assemblea per le elezioni di giugno).

Per la “due diligence”, invece, il percorso potrebbe essere più complicato. Le modifiche adottate oggi rispetto all’accordo in “trilogo” sono infatti molto rilevanti e complesse, occorre il controllo dei “giuristi-linguisti” in tutte le lingue ufficiali (“corrigendum”), e potrebbe non esserci il tempo materiale per l’approvazione definitiva della direttiva entro aprile da parte della plenaria dell’Europarlamento.

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