L’Ad: nel 2023 volumi in calo ma non c’è stata speculazione
Milano, 12 mar. (askanews) – La crisi del Mar rosso, con l’allungamento delle rotte e l’aumento dei costi dei noli, preoccupa molte aziende dell’agrolimentare. Tra loro c’è Bolton food, gruppo noto per marchi come Rio Mare, che è alle prese con le difficoltà di approvvigionamento di una materia prima come il tonno. “La nostra industria si basa sul trasporto di pesce da una parte all’altra del mondo – ha detto ad askanews l’amministratore delegato di Bolton food e Tri Marine – Oggi le rotte si sono allungate molto e questo vuol dire incidere sui costi di trasporto di parecchie centinaia di dollari a tonnellata. In questo momento noi abbiamo non soltanto un ritardo di approvvigionamenti ma anche un aggravio dei costi”.
La situazione che si è creata nel mar Rosso sta mettendo in difficoltà l’economia globale: secondo PortWatch gli attacchi alle navi commerciali hanno spinto le compagnie di navigazione a deviare il traffico lontano da quella rotta, dove transita circa il 15% dei volumi del commercio marittimo globale. “Noi trasportiamo il pesce della zona West Pacific anche nella parte Est Pacific, questa situazione ora ci costringe a circumnavigare con tutta una serie di problemi – prosegue Alemanno – Per esempio approvvigionare la fabbrica del Marocco oggi è diventato molto più complicato rispetto al passato. Ma la stessa cosa capita, per altre ragioni, nel Canale di Panama dove siccità e comunque anche l’incremento del traffico porta dei ritardi e dei costi aggiuntivi” C’è quindi un rischio concreto per l’approvvigionamento della materia prima? “C’è un un lead time (tempi di consegna, ndr) che si allunga – conferma Alemanno – e questo porta a rivedere tutta la catena della supply chain, con l’incremento degli inventari e con delle logiche di pianificazione molto più complicate”.
Oltre ai rincari dei noli, l’industria delle conserve ittiche fa i conti con la corsa del prezzo dell’olio d’oliva. Secondo i dati Eurostat, nell’Unione europea i prezzi dell’olio d’oliva sono cresciuti del 50% a inizio 2024, con l’Italia che registra un +45%. A fronte di questi aumenti Alemmano esclude “la sostituzione dell’olio d’oliva con altri oli”. “Non avverrà – assicura – Noi siamo fedeli alla nostra promessa di un prodotto che si basa su caratteristiche dell’olio d’oliva molto elevate. Quello che abbiamo fatto, accanto alla nostra tradizionale offerta, è stato aggiungere, ormai da quattro anni, una proposta che si chiama ‘filo d’olio, che riduce sensibilmente la quantità di olio, anche in virtù del fatto che il consumatore per la maggior parte lo butta via. È una formula particolare, con delle soluzioni tecnologiche che servono a sostituire olio con gas inerti e che rendono il prodotto molto più semplice da utilizzare”.
Lo scorso anno i rincari delle materie prime si sono tradotti in un aumento dei prezzi finali al consumatore che hanno, a loro volta, penalizzato le aziende sul fronte dei volumi. “Per noi il 2023 è stato un anno complicato, così come sono stati gli anni successivi alla pandemia. La nostra industria utilizza metalli, carta, olio d’oliva, di pesce e tutti sono stati impattati” dalla congiuntura economica, ha osservato Alemanno. “Noi l’inflazione l’abbiamo subita tutta e su tutti i fronti. È chiaro che non siamo riusciti a trasferire la stessa inflazione al consumo. I prezzi sono aumentati per ovvie ragioni, su tutto il panorama del fast moving e questo ha comportato evidentemente anche una riduzione di volumi, perché c’è un processo di down trading dei consumi e di trade off da parte del consumatore che è visibile sui numeri del fast moving”. A fronte di un mercato delle conserve ittiche in Italia che ha registrato “cali di volume tra il 5 e il 7%, noi siamo allineati”. Ma assicura l’ad non c’è stata speculazione: “E’una domanda difficile alla quale rispondere – afferma ma rispondo con tutta onestà: non è il nostro caso”.