Da Fond. Univerde e Marevivo studio Costi ambientali ed economici della dissalazione

Roma, 7 mar. (askanews) – La realizzazione e la messa in funzione di impianti di dissalazione a terra nelle isole minori italiane, e in particolare in quelle siciliane, sta continuando a mostrare criticità evidenti nella produzione e nella fornitura di acqua potabile per le lunghissime tempistiche realizzative necessarie all’entrata in funzione degli stessi impianti; per gli elevatissimi costi di gestione e manutenzione; per la scarsa qualità dell’acqua immessa nella rete – causa di profondi disagi per gli abitanti e motivo che concorre allo spopolamento – e per l’inquinamento ambientale prodotto dallo scarico in mare, vicino alla costa, di massicce quantità di salamoia fortemente impattante e spesso contaminata da reagenti chimici.

Sono queste le maggiori evidenze scaturite dallo studio “Costi ambientali ed economici della dissalazione”, curato da Roberto Di Vincenzo (già dirigente dell’allora Ministero della Marina mercantile) e Giuseppe Taverna (già dirigente per il servizio idrico integrato e l’approvvigionamento idrico delle Isole minori della Regione Siciliana), i cui dati sono stati presentati alla conferenza stampa “Crisi idrica: soluzioni normative e tecnologiche verso la Giornata Mondiale dell’Acqua” promossa da Fondazione UniVerde e Marevivo, in partnership con Marnavi e Idroambiente e in media partnership con Askanews, Italpress, TeleAmbiente, Opera2030, SOS Terra Onlus, che si è svolta questa mattina presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.

Pur partendo da metodologie di indagine disgiunte, per avere due valutazioni indipendenti che fossero anche una di verifica all’altra sotto l’aspetto dell’attendibilità delle conclusioni cui si è pervenuti, le relazioni tecniche dei due esperti sul case study delle Isole minori siciliane, dopo aver individuato e stimato tutte le voci che concorrono al costo medio di produzione di acqua dissalata da impianti fissi, giungono a conclusioni sostanzialmente analoghe, ovvero un costo elevato che si attesta intorno ai 12 euro/mc. Importi scaturiti, è opportuno ribadire, da analisi dettagliate di tutte le voci di spesa che concorrono alla realizzazione, gestione e conduzione degli impianti a terra esistenti e ricavati utilizzando criteri di estimo navale e marittimo che consentono anche di stimare preventivamente i costi di produzione con gli impianti che si intende realizzare.

Uno dei principali fattori che viene messo in evidenza, sono gli elevatissimi consumi energetici: citando i casi più eclatanti, per gli impianti di Lipari e Lampedusa la bolletta è stimata in ben 2,8 milioni di euro all’anno; 1,9 milioni di euro servono per mantenere in funzionamento quello di Pantelleria. Secondo i dati presentati dall’ing. Roberto Di Vincenzo – al lordo di voci di spesa quali: ammortamento, consumi energetici, reagenti chimici, sostituzione di membrane, costi del personale, analisi, manutenzione e ausiliari – i dissalatori di Lipari e Lampedusa presentano conti assai “salati” con una gestione annua per oltre 12 milioni di euro; Pantelleria: 8,3 milioni di euro/anno; Vulcano, circa 3,4 milioni di euro/anno; Ustica, 2,8 milioni di euro/anno. Seguirebbero: Filicudi, Stromboli e Favignana con costi di gestione annui previsionali che si attesterebbero su oltre 2,2 milioni di euro.

Fondazione UniVerde e Marevivo da anni ormai sollecitano le Istituzioni a porre maggiore attenzione alle sfide e ai costi dell’approvvigionamento idrico alle isole minori italiane, secondo modelli che siano davvero sostenibili da un punto di vista ambientale ma anche economico. Altro fattore rilevante sono i potenziali impatti sanitari dell’acqua dissalata da impianti fissi, un caso di studio che sta evolvendo rapidamente nel contesto scientifico italiano e strettamente legato alla qualità della risorsa prodotta.

La relazione dell’arch. Giuseppe Taverna – redatta a otto anni dall’entrata in funzione, e a due anni dal termine dei contratti di gestione, dei dissalatori a terra installati sulle isole di Lampedusa, Linosa, Pantelleria, Ustica e Lipari, e a due anni dall’avvio del contratto dell’impianto fisso di Vulcano – mette in luce lacune e inadeguatezze dell’attuale sistema di approvvigionamento idrico delle isole siciliane dove risiedono stabilmente circa 33.000 abitanti (che nei periodi estivi decuplicano): “Le criticità riscontrate nel sistema idrico delle isole siciliane – si legge nel documento – hanno in parte influito ad abbassare la qualità della vita con un conseguente spopolamento dei territori”, dove l’approvvigionamento di acqua potabile è affidato proprio ad impianti fissi di dissalazione che, in alcuni casi, sono talmente obsoleti, usurati e soggetti a malfunzionamenti da pregiudicare la qualità dell’acqua prodotta. Frequenti le denunce delle Autorità locali preposte alla salute pubblica per la presenza di elevate quantità di boro nell’acqua dissalata, causa di fenomeni di corrosione delle tubature. Nel caso di Lipari, l’ultimo appalto indetto dalla struttura commissariale con O.P.C.M. n. 3738 del 5 febbraio 2009 (trasferito alla Regione Siciliana con Ordinanza di Protezione Civile n.159 del 21 marzo 2014), per ammodernare il vecchio impianto di dissalazione a distillazione con un nuovo ad osmosi inversa, non è stato completato per l’intervenuta rescissione del contratto con l’impresa e oggi non produce più di 1,5 mln di mc, insufficienti per il fabbisogno idrico dell’isola. L’impianto allo stato attuale risulta incompleto, privo di collaudo statico, delle norme di sicurezza, del previsto impianto fotovoltaico e con entrambe le condotte, di appresamento e scarico, compromesse. Come viene messo in evidenza nella relazione, concorrono poi alla determinazione della tariffa la complessiva somma di circa 2,5 milioni di euro per l’integrazione con navi per l’emergenza causata dai ripetuti guasti e per fornire la frazione di acqua calda.

Tenuto conto dell’origine vulcanica delle varie isole siciliane, alcune ancora interessate da fenomeni eruttivi; considerate la morfologia dei loro territori che complica gli sviluppi progettuali su terra e la mancanza di interconnessione della rete – peraltro interessata da perdite di carico che superano il 50% (e in alcuni casi, come quello di Lipari, addirittura oltre il 60%) – considerato poi il pregio naturalistico di molte isole che ha portato, per citarne alcune, a costituire il Parco nazionale di Pantelleria, le Aree marine protette delle Egadi, di Ustica e delle Pelagie o, ancora, ad iscrivere le Eolie nel Patrimonio dell’Umanità – il coro degli interventi aperti dalla presentazione dei dati dello studio è stato pressoché unanime sulla necessità di garantire il diritto all’acqua potabile e di qualità ai cittadini delle isole minori italiane senza pregiudicare la tutela degli aspetti sanitari e il patrimonio naturale e senza sprecare denaro pubblico.

Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde): “È importante una efficace valutazione scientifica dei costi economici, sociali e ambientali di qualunque opera. L’iniziativa di oggi prevede un focus sugli impatti della dissalazione con impianti fissi, che in base ai dati presentati possono essere molto rilevanti. Dobbiamo tenere conto di soluzioni meno impattanti e, in molti casi, meno costose per la fornitura di acqua potabile e per il risparmio idrico. È anche una questione di buon senso, poiché disseminare le isole minori o interi arcipelaghi di dissalatori fissi, energivori e particolarmente dannosi per la salute dei cittadini e per gli ecosistemi costieri non è una buona politica. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini, realizzati con tecnologia italiana, rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo che alla necessità di tutelare flora e fauna marine e oggi rappresenta la soluzione più sicura per la fornitura di acqua potabile di qualità alle isole minori. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo”.

Carmen Di Penta (Direttore Generale di Marevivo): “Per cercare le soluzioni migliori al nostro sostentamento è utile definire opere di mitigazione per la salvaguardia del bene ‘mare’. Ho usato il termine ‘bene’ e non ‘risorsa’, perché se non salvaguardiamo il bene, perderemo anche la risorsa. Senza dimenticare che la siccità ci costringe a trovare anche questa volta soluzioni alternative e più sostenibili”.

Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre promosso appuntamenti di pubblico confronto, informazione e coinvolto le Istituzioni italiane per ottenere norme adeguate. Un ambizioso messaggio rafforzatosi con la tappa internazionale ad Atene, svoltasi lo scorso ottobre, che ha visto le due organizzazioni impegnate in un confronto con l’UNEP/MAP – United Nations Environment Programme / Mediterranean Action Plan (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente che coordina il Piano d’Azione per il Mediterraneo), allo scopo di aprire la strada ai progressi verso un’economia blu davvero rispettosa degli ecosistemi marini.

Patty L’Abbate (Vicepresidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, Camera dei Deputati): “La siccità è un problema che si sta intensificando pertanto occorrono azioni concrete per contrastare cambiamento climatico. A livello locale, quando parliamo di isole minori, dobbiamo renderci conto che il dissalatore fisso ha il suo costo e può creare anche una problematica di natura ambientale perché la salamoia che viene fuori come scarto dall’impianto danneggia l’ecosistema. Una soluzione alternativa può essere quella del dissalatore mobile, ovviamente con una valutazione del rendimento e dei costi economici e ambientali. Un ulteriore punto da evidenziare riguarda la necessità di evitare gli sprechi d’acqua attraverso i fondi previsti dal PNRR per il risanamento delle condotte presenti in Italia, che causano le perdite di acqua potabile. Infine, bisogna sempre valorizzare il concetto di economia circolare dell’acqua e quindi da un lato evitare gli sprechi di acqua, ma anche poter riutilizzare l’acqua piovana nel miglior modo possibile, oltre che utilizzare l’acqua reflua in agricoltura, soprattutto per quelle coltivazioni che non sono di prodotti ad uso umano”.

Se la legge “Salvamare” si proponeva di colmare il vuoto normativo esistente, dettando criteri generali di disciplina in tema di dissalazione, con decreto legge n. 39 del 14 aprile 2023, coordinato con la legge di conversione n. 68 del 13 giugno 2023, sono stati tuttavia cassati l’obbligo di VIA (Valutazione di impatto ambientale – tranne che per i dissalatori con produzione di oltre 17.000 mc d’acqua/die, non realizzabili peraltro sulle isole minori), e la preventiva riduzione delle perdite dalle condotte idriche. Restano a tutt’oggi non emanate le cosiddette “linee guida” sull’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione tanto che in una nota del MASE si ribadisce “è un processo che presenta degli impatti ambientali da considerare attentamente nella valutazione del rapporto costi/benefici ed è necessario garantirne una adeguata gestione di tutte le fasi al fine di limitarne gli impatti negativi su salute umana e ambiente”.

Mario Antonio Scino (Capo di Gabinetto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica): “Cogliamo l’opportunità di discutere di questo studio ‘Costi ambientali ed economici della dissalazione’ presentato dalla Fondazione UniVerde e dalla Fondazione Marevivo per approfondire a livello normativo e amministrativo le migliori soluzioni per accompagnare le tecnologie volte a risolvere le problematiche rappresentate nello studio stesso, anche in attesa dell’approvazione del regolamento europeo sulle acque”.

Giuseppe Cavuoti (Dirigente della Struttura di Missione al Ministero per la Protezione Civile e le Politiche del Mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri): “Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva che nelle piccole isole l’acqua potabile è un bene limitato e le soluzioni per accedervi sono, in genere, ad alto impatto ambientale, considerato l’uso delle energie per trasportarlo o le possibili esternalità negative degli impianti fissi di dissalazione. La scarsità d’acqua rappresenta, dunque, per molte di queste isole un problema endemico, ancora lontano dall’essere risolto. Il Piano del Mare, tra gli interventi da promuovere indica, tra gli altri, anche di innovare le reti idriche esistenti e la realizzazione/implementazione di impianti di depurazione delle acque reflue”.

In questo allarmante scenario, i dissalatori mobili marini rappresentano una risposta innovativa, efficace e sostenibile, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, alla domanda idrica delle isole minori italiane, anche nei periodi di alta stagione o in caso di prolungate emergenze.

In sintesi, rispetto agli impianti a terra, la tecnologia italiana del dissalatore mobile marino consente, tra i tanti vantaggi, di abbattere costi e tempi di costruzione – non risentendo della natura vulcanica di molte isole -, oneri di manutenzione, evitare consumo di suolo da parte di strutture altamente energivore e ridurre le emissioni e gli impatti ambientali lungo le coste di isole spesso incontaminate e talvolta ricadenti in Aree marine protette, scrigni di floridi ecosistemi e biodiversità. Infine, essendo modulabile a seconda delle richieste stagionali, elimina il problema derivante dai picchi estivi garantendo affidabilità del servizio e flessibilità della produzione.

A differenza degli impianti fissi – che captano acqua di incerta qualità lungo la costa, spesso in prossimità di porti e, comunque, in prossimità dell’area di sversamento della salamoia – il dissalatore mobile marino preleva acqua a largo e in profondità, dove le condizioni la rendono di migliore qualità e pertanto sottoposta a trattamenti meno impattanti. Nondimeno, disperde gradualmente la salamoia durante la navigazione, anche sfruttando la forza motrice dell’elica per evitarne la concentrazione in singoli punti che provoca la totale distruzione dell’ecosistema marino nell’intera area interessata dallo sversamento. L’acqua prodotta è sicura e di qualità, remineralizzata secondo le normative vigenti. Inoltre, è stato recentemente definito un accordo di ricerca con l’Istituto Superiore di Sanità per la definizione del Piano di sicurezza dell’acqua potabile per questa tipologia di impianto.

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