Il capitolo sudafricano de Il mio cuore è vuoto come uno specchio
Barcellona, 1 mar. (askanews) – Le stanze di Gian Maria Tosatti sono uno di quei luoghi di confine nei quali il contemporaneo accade. E lo fa in maniera silenziosa, apparentemente implicita, in realtà con effetti che poi si rivelano potentissimi e duraturi per chi ha la fortuna di attraversarli. Succede così anche con l’installazione che l’artista ha portato a Barcellona all’interno di una mostra che il Centro d’arte Santa Monica ha dedicato a “The Other Side”, ciò che sta “dall’altra parte”.
“Ogni visitatore – ha detto Tosatti ad askanews – ha il suo sentimento entrando in quest’opera. Certo è un’opera che è stata costruita attorno a un vuoto. L’opera è l’episodio di Cape Town, del mio progetto, ‘Il mio cuore vuoto come uno specchio’ e quella città è una città che quando ci lavorai mi resi conto che era edificata attorno a un vuoto, a un senso di vuoto. E quindi da un certo punto di vista questo è il sentimento che alberga dentro questa installazione. È ovvio però che l’installazione è sempre uno specchio, quindi ognuno ha il suo tipo di vuoto”.
La sensazione, attraversando gli spazi, è quella di essere parte di qualcosa che sappiamo di conoscere, ma a un livello che resta sospeso, in fondo misterioso, come gli specchi che non riflettono e le parole che scompaiono da giornali e televisori. La vita è da qualche parte, è certo, ma dove sia non è chiaro. Eppure, dentro quel luogo che per molti versi sembra essere profondamente drammatico, si avverte anche una sensazione di libertà.
“L’opera – ha aggiunto l’artista – è una macchina che serve a produrre la condizione di libertà, è una macchina estremamente precisa, come un’equazione matematica in cui tutti i numeri devono tornare, perché funzioni. Il punto è che nel momento in cui funziona, però, deve darti la sensazione di essere completamente libero di andare dove vuoi e come vuoi, ma effettivamente è così. L’opera deve poterti guardare dentro, questo è il punto”.
Concepita in Sudafrica e per quel contesto, la stanza funziona anche a Barcellona, perché crea uno spazio che è interamente suo e gestisce il proprio vuoto. Forse la sua magia ha a che fare anche con il fatto di perdere l’orientamento sulla propria posizione nel presente e nella storia. “Effettivamente – ha concluso Gian Maria Tosatti – il senso della storia in questo lavoro è presente come forse anche in altri lavori, ma non è mai identico, con una pagina precisa. Il senso della storia è qualcosa di respiro più ampio, anche perché l’uomo vive di cicli e di ricorsi storici, errori sempre ripetuti. Quindi la storia è qualcosa di più immanente, di più espanso”.
E la stanza a Barcellona è certamente un’occasione per espandere il nostro stare di fronte, in questo caso dentro, al contemporaneo. Un’occasione per pensare e sentire il bisogno di quelle stesse bottiglie d’acqua che potrebbero stare a raccontarci dell’inesausta sede di qualcosa che vada oltre il senso di soffocamento di un presente che non finisce mai. (Leonardo Merlini)