Soru sotto il 10%, più debole il dissenso “centrista” sul patto Pd-M5S.
Roma, 26 feb. (askanews) – Un risultato “certo fin da stamattina”, dicono al Partito democratico, ma che le lentezze dello spoglio e i ritardi denunciati da Pd e 5 stelle nell’aggiornamento dei dati della città capoluogo sul sito della Regione Sardegna hanno lasciato in bilico fino a tarda sera e che di fatto non è possibile ufficializzare nemmeno quando mancano meno di trecento sezioni da scrutinare su 1.844 totali. La vittoria di Alessandra Todde, ancora non ufficiale e non garantita, se confermata rappresenterà uno scossone non da poco agli equilibri politici: nella maggioranza parlamentare, giunta col fiato corto e aspre divisioni sul sostegno al candidato di FdI Paolo Truzzu, ma soprattutto nel campo delle opposizioni. Il viaggio pomeridiano dei due leader di Pd e M5S, Elly Schlein e Giuseppe Conte, sullo stesso aereo Roma-Cagliari, rimarrà il dato simbolico della giornata.
Nella candidatura separata di Renato Soru si esprimeva infatti un dissenso non solo “sardo”: l’ex presidente della Regione puntava ad aggregare, oltre ai centristi di Azione e +Europa formalmente alleati (insieme a Rifondazione comunista, insolita combinazione) anche quell’area democratica che soffre maggiormente l’asse con il Movimento 5 stelle che ha espresso la candidatura Todde.Questo dissenso si è dimostrato incapace di attrarre elettori e Soru non è mai parso in grado di superare neppure la soglia di sbarramento del 10 per cento necessaria per entare in Consiglio regionale. Il successo è tutto dell’asse fra Schlein-Conte, che eleggendo Todde (sempre se il conteggio finale non darà luogo a un clamoroso ribaltone) ridimensionano anche il tema del “campo largo”, dimostrando una inattesa capacità di autosufficienza. E del resto, anche un ribaltone last minute sul filo delle poche dcine di voti, non cambierebbe del tutto il dato del successo di Pd e 5 stelle: a quel punto si direbbe che Soru, con la sua azione di disturbo, è stato il fattore determinante per il successo in extremis delle destre divise.
“Fra due settimane – commenta un alto dirigente M5S, anonimo per ragioni scaramantiche in attesa del risultato ufficiale – si replica in Abruzzo, dove siamo insieme nuovamente per la sfida di Luciano D’Amico al nulla dell’uscente Marco Marsilio, anche in quel caso c’è un progetto credibile. A Bari (si vota a giugno per il successore del presidente Anci Antonio Decaro, ndr), importante scadenza per le elezioni comunali ci siamo messi tutti in gioco e si sceglierà il candidato con le primarie. Meno facile per ragioni legate al territorio, ma ci sono ancora spiragli, anche per trovare un’intesa in Piemonte e Basilicata”. Renzi, Calenda Bonino? Dopo la Sardegna, la loro importanza per il rilancio delle ambizioni delle forze che si oppongono al governo Meloni parrebbe ridursi. Resta da vedere, a dispetto dei punti comuni su salario, sanità, diritti, se il Pd possa davvero imboccare la strada di una alleanza a due (con l’aggiunta marginale di Alleanza Verdi Sinistra) che conferirebbe al Movimento di Conte un peso negoziale probabilmente superiore al suo reale consenso popolare e difficile da digerire per un partito come il Pd, che a dispetto delle distanze moderate nei sondaggi ha comunque un insediamento sociale e un radicamento nelle amministrazioni locali di gran lunga più rilevante rispetto al M5S.