Cresca prodotto nazionale a scapito Sud Amarica e Corno Africa

Roma, 14 feb. (askanews) – Buone notizie per i produttori italiani di fiori italiani che a San Valentino aumentano le vendite a discapito delle rose di provenienza estera. In questo 2024 il giro d’affari di San Valentino, secondo i florovivaisti di Cia-Agricoltori Italiani, si aggira sugli 80 milioni di euro, in linea con il 2023, con la vendita di circa 35 milioni di fiori.

Pur restando il fiore più venduto il 14 febbraio, la rosa a gambo lungo (sopra i 70 cm) è rincarata fino agli 8-10 euro al dettaglio, mentre un bouquet misto di fiori Made in Italy (fresie, anemoni, ranuncoli, garofani) si attesta sui 25 euro. Cia stima, dunque, una maggiore vendita di prodotto nazionale (+20%) rispetto ai fiori provenienti dal Sud America e dal Corno d’Africa, grazie soprattutto ai tipici prodotti coltivati nelle aree a maggior vocazione floricola: Sanremo, Pescia e la provincia di Napoli.

Per quanto riguarda i costi al dettaglio delle singole tipologie di reciso (tutti Made in Italy), Cia segnala il prezzo di uno stelo di fresie e garofani a 2,50 euro, mentre le bocche di leone e le gerbere si attestano sui 3 euro, come pure i tulipani italiani (coltivati soprattutto nel napoletano). Leggermente più alto il prezzo del papavero, della calla e dell’anemone (3,5 euro). La strelizia e il lilium costano, invece, circa 4 euro al gambo, mentre il ranuncolo clone di Sanremo si attesta sui 5,5 euro.

Cia ricorda come il settore del fiore reciso italiano sia particolarmente legato (a differenza del Nord Europa) alle ricorrenze: la festa della mamma, quella della donna, San Valentino e il giorno dei defunti, che rappresentano più del 50% degli acquisti annui di fiori. In Italia il florovivaismo rappresenta il 5% della produzione agricola e conta 27 mila aziende e 100 mila addetti, di cui 20mila coltivano fiori e piante in vaso e 7mila sono vivai. Il comparto intero vale 2,5 miliardi di euro, con cinque Regioni che intercettano l’80% della produzione nazionale: la Liguria, che copre il 31% del totale, la Campania con il 16%, la Toscana con il 13%, la Puglia con l’11% e la Sicilia con il 10%, 19% le altre.

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