Con scambio prigionieri, ricostruzione Gaza, ritiro totale israeliano
Roma, 7 feb. (askanews) – Il movimento estremista palestinese Hamas ha proposto un piano di cessate il fuoco che metterebbe a tacere le armi a Gaza per quattro mesi e mezzo, per arrivare poi alla fine definitiva della guerra, in risposta a una proposta inviata la scorsa settimana dai mediatori del Qatar e dell’Egitto e sostenuta da Stati Uniti e Israele. L’ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere che la risposta di Hamas è stata trasmessa al Mossad e che “i dettagli sono allo studio di tutte le parti coinvolte nei negoziati”. Funzionari dello Stato ebraico però frenano sulla possibilità di intesa, che prevederebbe tra le altre cose il ritiro completo delle forze di difesa israeliane dalla Striscia di Gaza. “Non saremo in grado di accettare una richiesta di fermare la guerra”. Secondo una bozza del documento di Hamas visionata da Reuters, la controproposta del movimento palestinese prevede tre fasi, ciascuna della durata di 45 giorni, per lo scambio di ostaggi con prigionieri palestinesi, la restituzione di corpi o resti delle persone uccise, la ricostruzione di Gaza, il ritiro completo delle forze israeliane dall’enclave. Fonti dello Stato ebraico citate dallo Yedioth Ahronot hanno detto che Hamas avrebbe chiesto in particolare “il rilascio di 1.500 prigionieri palestinesi, alcuni dei quali di alto profilo”. Secondo la controproposta del movimento, un terzo di questi detenuti dovrebbe essere selezionato proprio da Hamas da una lista di condannati all’ergastolo in Israele. Di contro, tutte le donne israeliane in ostaggio, i maschi sotto i 19 anni, gli anziani e i malati verrebbero rilasciati durante la prima fase di 45 giorni, in cambio del rilascio di donne e bambini palestinesi dalle carceri israeliane. I restanti ostaggi maschi verrebbero liberati durante la seconda fase dell’accordo.
Il gruppo al governo nella Striscia, inoltre, avrebbe chiesto di consentire la ricostruzione degli ospedali e dei campi profughi a Gaza, nonché rassicurazioni sull’uscita delle forze di terra israeliane dalle aree popolate della Striscia già durante la prima fase dell’eventuale accordo. La tregua aumenterebbe anche il flusso di cibo e altri aiuti ai civili di Gaza, secondo Hamas. A questo proposito il gruppo palestinese avrebbe chiesto l’ingresso nella Striscia di 500 camion con aiuti al giorno. La terza fase proposta da Hamas servirebbe allo scambio dei resti e dei corpi dei defunti e a condurre alla fine definitiva del conflitto. Un obiettivo, quest’ultimo, che il segretario di Stato Usa Antony Blinken sta perseguendo in occasione del suo quinto tour nella regione dal 7 ottobre scorso, data di inizio delle ostilità. Il capo della diplomazia di Washington è arrivato questa notte in Israele dopo aver incontrato i leader dei mediatori di Qatar ed Egitto nella più seria spinta diplomatica della guerra finora volta a raggiungere una tregua prolungata.
Mentre sono in corso i negoziati, però, sul terreno si continua a combattere. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati della Palestina (Unrwa) ha dichiarato che un convoglio umanitario guidato dall’organizzazione è stato colpito mentre trasportava cibo alla popolazione nel nord di Gaza. Secondo l’Unrwa, l’84 per cento delle strutture sanitarie di Gaza è stato colpito dagli attacchi dal 7 ottobre scorso e solo quattro delle 22 strutture sanitarie dell’agenzia Onu sono ancora operative. L’esercito israeliano, da parte sua, ha confermato l’uccisione di decine di militanti palestinesi a Khan Younis nelle ultime 24 ore. I militari, ha spiegato l’Idf, hanno anche localizzato grandi quantità di armi e scoperto numerosi tunnel di Hamas nell’area. (di Corrado Accaputo)