Pari condizioni, anche per auto cinesi, vanno insieme a incentivi

Bruxelles, 26 gen. (askanews) – Se per attuare la transizione verso l’obiettivo delle auto a zero emissioni nel 2035 sarà necessario nei prossimi anni assicurare la disponibilità di veicoli elettrici a basso prezzo, perché possano acquistarli anche i cittadini con redditi medio-bassi, ciò non significa che a questo obiettivo debbano essere sacrificate le regole contro il dumping e sulle pari condizioni del mercato Ue, rinunciando, ad esempio, alle indagini e agli eventuali dazi anti sovvenzioni riguardo ai veicoli cinesi che falsano la concorrenza. Questi strumenti per tutelare il mercato Ue sono “complementari”, e non contraddittori rispetto alla regolamentazione che ha fornito certezza giuridica e obiettivi chiari all’industria automotive europea.

E’ quanto ha affermato in sintesi, oggi a Bruxelles il portavoce capo della Commissione europea, Eric Mamer, durante il briefing quotidiano per la stampa dell’Esecutivo comunitario. La Commissione sta conducendo dall’autunno scorso un’indagine anti sovvenzioni proprio sulle auto elettriche cinesi, che hanno invaso il mercato europeo con modelli elettrici a prezzi ultra competitivi rispetto a quelli dell’industria locale.   “Noi crediamo, ovviamente – ha detto Mamer, in risposta a un giornalista che chiedeva come si possa “quadrare il cerchio” -, che ci sia un mercato per i veicoli elettrici in Europa. La Commissione ha messo in atto un quadro normativo per i veicoli con l’obiettivo che le auto nuove non emettano più CO2 dal 2035. Quindi, l’intera catena del valore automobilistica in Europa ha ora la certezza normativa per poter effettuare gli investimenti necessari al fine di sviluppare la propria capacità per rispondere alla domanda del mercato”.

“Questa è la prima risposta alla domanda su come far quadrare il cerchio: garantire che vi siano incentivi adeguati per l’industria europea”, in modo che “faccia gli investimenti necessari. Ma in realtà – ha puntualizzato il portavoce – , garantire che il mercato funzioni in modo efficace è parte di questo”, ovvero parte di questi incentivi.  

“E’ proprio per questo motivo – ha spiegato Mamer – che è necessario assicurarsi di non avere automobili prodotte altrove che distorcerebbero il mercato attraverso sussidi non giustificati. Quindi, per noi non c’è contraddizione; c’è in realtà una complementarità” tra le due cose.

Secondo il portavoce della Commissione, poi, “riguardo ai prezzi, è necessario distinguere tra effetti a breve e a medio termine. Potrebbe essere considerato molto positivo disporre di auto elettriche molto economiche, che arrivano in una fase iniziale sul mercato e spazzano via la concorrenza europea. Ma se non ci fosse più concorrenza europea, che cosa impedirebbe poi ai produttori extra-Ue di aumentare i prezzi? Giusto per fare un esempio del tipo di considerazioni che bisogna fare quando si pensa agli effetti a lungo termine delle nostre politiche”.

Questo vuol dire, gli è stato chiesto, che si vuole dare più tempo all’industria europea, per migliorare la sua produzione di veicoli elettrici , in modo da riuscire successivamente a venderli a costo più basso, visto che oggi sono molto più costosi di quelli tradizionali?

“Non è affatto quello che ho detto. Non si tratta – ha replicato Mamer – di dare tempo a un segmento del settore rispetto a un altro. Si trattava di garantire l’esistenza di un quadro normativo che promuova gli investimenti e, in secondo luogo, di avere un mercato che funzioni adeguatamente. Non si tratta quindi di istituire alcun tipo di barriera che impedisca la vendita in Europa dei veicoli prodotti secondo criteri basati sul mercato”.

Quello che sta facendo la Commissione, invece, è “garantire che le auto che arrivano in Europa rispettino le regole del nostro mercato, siano esse prodotte in Europa o fuori dall’Europa”, ha concluso il portavoce.

La stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva fatto riferimento nel settembre scorso a Strasburgo, durante il suo “discorso sullo stato dell’Unione” al Parlamento europeo, alla vicenda dello smantellamento della produzione europea di cellule fotovoltaiche, a causa dell’invasione sul mercato, nel periodo successivo al 2007, dei prodotti cinesi a basso costo, che poterono approfittare del sostegno alle energie rinnovabili che l’Ue aveva predisposto in vista degli obiettivi del 2020. “Non abbiamo dimenticato – aveva detto von der Leyen agli eurodeputati – l’impatto che ebbero sulla nostra industria solare le pratiche sleali di mercato della Cina”, aggiungendo che “molte giovani imprese furono spinte fuori dal mercato dai concorrenti cinesi pesantemente sussidiati”.  

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