Non basta far tacere le armi, va coltivata nei gesti di ogni giorno
Roma, 31 dic. (askanews) – “Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone”. Ne è convinto il Presidente della Repubbica, Sergio Mattarella, che nel suo discorso di fine anno ha parlato a lungo del tema delle guerre e in generale della violenza che pervade le nostre società.
“Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità – avverte il capo dello Stato -. Sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti. Ma impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola del prossimo futuro”.
“Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole”, insiste Mattarella secondo il quale “per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera”.