Un racconto de “La materia del tempo” al Guggenheim di Bilbao
Bilbao, 21 dic. (askanews) – L’esperienza dentro lo spazio è anche una presa di coscienza del senso del tempo, ma di riflesso il tempo che così si genera nella percezione dello spettatore diventa una nuova forma di spazio, piegato e ripensato, come se fossimo all’interno di una teoria fisica. Le enormi installazioni de “La materia del tempo” di Richard Serra, che sono parte della collezione permanente del Museo Guggenheim di Bilbao, agiscono come un grande attrattore del contemporaneo, un polo magnetico intorno al quale ruota l’idea stessa di ciò che significa fare una reale esperienza dell’arte oggi.
Come ogni magnetismo, anche questo è instabile, mutevole, inafferrabile: così da rendere sempre diversa la sensazione di chi ci passa all’interno o osserva i blocchi di acciaio dall’alto. Ogni prospettiva fornisce risposte differenti, dalla cui somma si arriva poi alla consapevolezza personale di quello che si è visto e si è attraversato: un mondo unico e multiforme all’interno di una sala enorme, all’interno di uno dei più famosi e globalizzati musei d’arte del pianeta.
Dall’esterno si ammira la struttura di Frank Gehry, all’interno non si può fare a meno di pensare che il contenuto di questo leggendario edificio, ossia l’opera di Serra – ma vale anche per il neon spaziale di Lucio Fontana o le scritte luminose di Jenny Holzer – sia altrettanto, se non ancora più poderoso del contenitore che ha l’ardimento di ospitarli. In un circolo di sensazioni che “fanno” l’esperienza di stare dentro il Guggenheim di Bilbao.
Non è possibile dire che cosa “succede” nei percorsi de “La materia del tempo”, ma è certo che quello che succede ha l’intensità e la profondità di qualcosa di “vero”, una verità che, senza parole, può rispondere anche alla domanda su che cosa sia l’arte contemporanea e perché è assurdo averne paura.
(Leonardo Merlini)